martedì 21 settembre 2010

Le umilianti confessioni di un cuckold p.2 - Il secondo giorno

Il giorno successivo ero in uno stato di grande agitazione e anticipazione. Stranamente, non era tanto l'attesa per il momento in cui avrei fatto sesso con mia moglie, quanto una sensazione insolita che mi era rimasta dalla sera prima, da quella inaspettata decisione di mia moglie di impormi l'astinenza. Ogni volta che ci ripensavo, era un'erezione immediata.

Arrivai per primo a casa dal lavoro, e mi misi dei vestiti comodi. Ero determinato a dimostrare subito a Rossella quanto mi aveva eccitato la sua idea, appena fosse entrata in casa. Adoro fare l'amore con mia moglie appena rientra, mentre ha ancora addosso gli abiti che porta in ufficio.

Finalmente la sentii entrare, e mi avvicinai alla porta. I nostri sguardi si incrociarono subito, e subito capii che anche lei era intrigata dalla nuova situazione. Senza dir nulla, appena chiusa la porta, la abbracciai e le appoggiai la mano sulle natiche... adoro la sensazione dello splendido fondoschiena di Rossella avvolto dalle gonne aderenti ed eleganti che indossa sul lavoro. Con mia sorpresa, però, sentii che lei mi prendeva la mano e la spostava subito, ritraendosi anche dai miei baci.

- Così non va bene, - disse lei, guardandomi con un sorriso malizioso.

- Cosa vuoi dire? - chiesi io, improvvisamente imbarazzato della mia irruenza.

Lei rimase un attimo in silenzio, poi disse: - bisogna che facciamo due chiacchiere. Andiamo in salotto.

Stranamente, non si era tolta neppure le scarpe, né accennò a volersi cambiare. Credo che sapesse il fascino che esercitava su di me la sua mise da ufficio, la gonna elegante, la giacca, i tacchi alti, e volesse continuare a sfruttarla. Andammo in salotto, e ci sedemmo sul divano.

- Il gioco che abbiamo cominciato ieri sera mi ha molto eccitato, sai, - disse lei, prendendo la parola. - Anche a me, - confermai io. Lei sorrise. - Ci ho pensato a lungo, e credo che la cosa che più mi eccita di questa situazione è che sono io ad averti chiesto di trattenerti, e tu hai fatto quello che ti ho chiesto. Insomma, sono io che comando, no?

Io la fissai incerto, ma sentivo la mia erezione crescere ancora di più, se possibile. Rossella diede uno sguardo all'indecente bozzo che gonfiava la patta dei miei pantaloni. - E mi sembra che anche a te piaccia, questo, - disse, con una risatina.

- Non lo so, - dissi io, che stavo iniziando a rendermi conto che il gioco poteva spingersi molto oltre quello che avevo previsto. - Fin dove vuoi arrivare?

- Solo fin dove piacerà a entrambi, - disse lei. - Non devi avere paura; lascia che sia io a condurre il gioco.

- Va bene... - mormorai io infine. Rossella sorrise raggiante, e mi diede un bacio. Poi sembrò meditare qualche istante. - Mi eccita tanto l'idea che tu sia così voglioso, lo sai? - disse. Si avvicinò al mio orecchio e mormorò: - che tu ce l'abbia così duro. - La sua mano si appoggiò sulla mia coscia, sfiorandomi il membro ma senza toccarlo. - Però così non lo vedo, quanto è duro, - continuò a mormorare lei. - Non vuoi spogliarti per me?

Senza rispondere, mi sbottonai i pantaloni, facendo per tirarlo fuori, ma Rossella mi fermò la mano. - Non ti ho chiesto di tirarlo fuori, - disse, - ma di spogliarti. Togliti i vestiti.

Il suo tono era ancora gentile, ma questa volta aveva formulato la frase come se fosse un ordine. La guardai esitando un istante. Rossella era seduta sul divano, un po' di sbieco, le sue belle gambe così invitanti (indossava calze nere e scarpe nere), scoperte fino a mezza coscia dalla gonna che in quella posizione rilassata era un po' sollevata. Era evidente che lei non era intenzionata a spogliarsi a sua volta, e il pensiero che se obbedivo sarei stato nudo - mi voleva completamente nudo? - di fronte a lei vestita in modo così formale, da ufficio, mi travolse come un'onda di un'eccitazione mai provata prima. Non riuscii a parlare; mi limitai a fare quello che mi aveva chiesto, togliendomi tutti i vestiti - prima scarpe e calzini, poi i pantaloni, la maglietta, e infine i boxer, rimanendo completamente nudo di fronte a lei... in piedi di fronte a lei seduta. Tenevo le mani sui fianchi, ansimando, la mia prepotente erezione, quasi dolorosa, in bella vista all'altezza del suo viso. Quanto avrei desiderato la sua bocca... Rossella però aveva in mano la situazione ed era ovvio che non aveva intenzione di permettermi molto presto di sfogare il mio desiderio... anzi, non potevo neppure essere certo che me lo avrebbe concesso. Nudo di fronte a lei, mi sentii sottomesso come non mi era mai accaduto, nemmeno nelle occasioni in cui mia moglie mi aveva legato al letto.

E Rossella effettivamente voleva godersi la situazione con calma. Improvvisamente, una luce particolarmente maliziosa le brillò negli occhi. Fissandomi, disse: - è davvero duro, vero amore? - Io annuii, e lei si avvicinò con la mano. Per un istante sperai che volesse prenderlo e masturbarmi, ma mi illudevo; invece, lo colpì con qualche leggero schiaffo, facendolo ondeggiare, come per verificarne la durezza. Fui sorpreso da quel gesto, mi ritrassi con un gemito ma poi tornai a raddrizzare la schiena, lasciando che lei lo colpisse ancora. Non mi faceva male, erano buffetti abbastanza delicati; piuttosto era l'umiliazione, il fatto che il mio membro venisse trattato come un oggetto, come il suo giocattolo, ad arrossarmi le guance e farmi ansimare. Continuavo a tenere le braccia distese lungo i fianchi, come se fossi legato, guardando Rossella che a sua volta mi fissava con quello sguardo...

- Ti piace come sono vestita? - chiese infine, a un tratto.

- Molto, - risposi.

- Non sono collant, sai, - continuò lei, sorridendo. - Oggi ho messo il reggicalze, per andare in ufficio. Mi sentivo... troppo porca per il collant.

Fece una risata. Io restai a guardarla, chiedendomi dove volesse arrivare. La sua frase fece balenare nella mia mente l'idea che il reggicalze non lo aveva messo per me, per quella occasione di quel pomeriggio che si preannunciava di sesso, come avevo sperato; lo aveva messo per "andare in ufficio", un luogo dove aveva a che fare con altri maschi. Era solo un pensiero, ma anche quello contribuì a eccitarmi, in un modo che dovevo ancora comprendere del tutto. Rossella continuò a parlare, sussurrando con voce sensuale. - Ma piace molto anche a te, vedermi in reggicalze, non è vero?

"Anche a me"... il pensiero di prima venne rafforzato. A chi altri? Comunque, annuii. - Si, molto.

- Possiamo fare una cosa, allora, - disse Rossella. - Ora potrei aprire un po' le gambe e tirarmi su la gonna un pochino, in modo che tu possa guardarmi, se ti metti in ginocchio davanti a me.

Ancora una volta non riuscivo a comprendere del tutto le sensazioni che mi travolgevano... incapace di parlare, mi limitai ad annuire, e scivolai giù, inginocchiandomi davanti a lei. Rossella sorrise e divaricò le cosce come aveva promesso, appena un poco. Lo spettacolo delle sue bellissime gambe inguainate fino a mezza coscia in quelle calze di seta nera, e poi appena più sopra le sue mutandine... deliziose mutandine di pizzo, semitrasparenti, attraverso cui si vedeva l'ombra più scura del pelo di Rossella e si intravedeva persino la fessura.

- Mettiti più giù, vedrai meglio, amore, - sussurrò lei. - A quattro zampe...

Io la guardai incerto. A quattro zampe... Rossella si rese conto che stava spingendosi troppo oltre, ma non intendeva tornare indietro. - Mettiti a quattro zampe per me e avrai un piccolo premio, va bene?

Con esitazione, ma obbedii. Mi misi a quattro zampe, nudo di fronte a mia moglie, a quattro zampe nel nostro salotto. Tornai a guardare la splendida scena delle cosce di Rossella, sotto la gonna, chiedendomi quale premio avrei ricevuto. Forse mi avrebbe concesso finalmente di possederla? C'eravamo spinti molto oltre, forse adesso era finalmente soddisfatta, e avrei potuto sfogare tutto il mio desiderio del suo corpo... pensai a come l'avrei presa, a quanto abbondantemente sarei venuto nella sua fica quando il gioco fosse finito...

Ma anziché finire, il gioco divenne ancora più perverso... Rossella disse semplicemente: - Bravo, ora avrai il tuo premio.

Si chinò in avanti, fissandomi, sorridendo, lentamente; e allungò solo una mano... la sentii sul ventre, poi la sentii chiudersi attorno al mio membro, afferrandolo delicatamente. Quel semplice contatto per me era la promessa di una liberazione, la promessa del coronamento del mio desiderio... certo, forse la sua intenzione era solo masturbarmi: ma era comunque una liberazione. Chiusi gli occhi, aspettando trepidante che iniziasse a masturbarmi, a mungermi in quel modo forse umiliante ma di cui sentivo così tanto il bisogno...

Ma Rossella rimase immobile. Riaprii gli occhi, incontrando il suo sguardo. - Dimmi la verità, ora, - disse quindi, fissandomi, e sussurrando sensualmente. - La verità: ti piace tutto questo?

- Si, - risposi io, senza esitazione. Istintivamente, feci per muovere i fianchi per strofinare il mio membro nella sua mano, ma lei mi fece un rapido cenno di no col capo, e mi fermai.

- Voglio dire, ti piace molto? Quanto piace a me? Ti piace che io abbia il controllo in questo modo?

- Si, - risposi ancora, lasciandomi finalmente andare, - mi piace... mi piace molto, moltissimo...

- E se ora ti dicessi che come premio puoi spingere avanti e indietro nella mia mano... ma senza venire? Che anche oggi tu mi farai venire ma per te non ci sarà soddisfazione... di nuovo?

Io socchiusi gli occhi, sapevo che il mio membro aveva risposto per me, ingrossandosi e pulsando nella mano di Rossella mentre lei diceva quelle cose... ma risposi comunque... - si... mi piace anche questo... - mormorai.

Rossella mi baciò, a fior di labbra, io aprii la bocca ma lei si ritrasse. Persino quello, persino un vero bacio apparteneva alla categoria delle cose che non erano più scontate, che lei poteva concedermi oppure no. - Avanti, - disse. - Puoi masturbarti nella mia mano, finché non ti dico di fermarti.

Avrei dovuto sentirmi ridicolo, dentro di me qualcosa mi diceva che avrei dovuto dirle di smetterla con quella messinscena, e poi prenderla lì in salotto. Ero persino certo che ci sarebbe stata, su di giri com'era. Non c'era nessun motivo di subire quell'umiliazione... nessun altro motivo se non che mi eccitava. Iniziai a sfregarlo nella mano che Rossella teneva immobile, ero come un cagnolino che si strofina sulla gamba della padrone. Quando feci per chiudere gli occhi, Rossella mi sussurrò - no, non così, guardami. - E quindi la fissai, lasciai che guardasse le smorfie di piacere che facevo mentre mi lasciavo andare a quella patetica, ridicola monta, sorridendomi impassibile, divertita da quello a cui mi aveva condotto.

Presto sentii il piacere crescere, e accelerai il ritmo; Rossella, che mi conosceva bene, riconobbe quel crescendo e improvvisamente lasciò la presa. Io rimasi ansimante, col membro ritto e penzoloni che ancora oscillava, appena una goccia di umore sulla punta, gionfio di desiderio.

Rossella tornò ad appoggiarsi allo schienale del divano, osservandomi soddisfatta; teneva ancora le cosce dischiuse, offrendomi la vista delle sue mutandine. Il mio sguardo tornò alle sue cosce, a quell'intimo che ora appariva umido dei suoi umori. Fissandomi compiaciuta, mia moglie allargò ancora le cosce, facendo scivolare la propria mano nelle mutandine. - Mi piace così tanto vederti così voglioso, amore mio, lo sai? - disse, socchiudendo gli occhi mentre si dava piacere con lenti, delicati movimenti circolari. - Si... - mormorai io, ansimando leggermente, guardandola solo per un istante negli occhi per poi tornare a fissare quello spettacolo eccitante della sua mano che si muoveva sul suo sesso, appena visibile attraverso le mutandine semitrasparenti. - Anche se tu non sei potuto venire, vuoi che io venga, vero, amore mio? - chiese ancora. - Si... lo voglio... - risposi io. - Ti va di leccarmela attraverso le mutandine? - Io annuii. - Oh si, mi piacerebbe molto, - dissi. Era vero. Il suo sesso, di cui iniziavo a sentire l'odore, mi attirava in modo irresistibile. Per qualche motivo mi sembrava ancora più attraente ora che sapevo che non era più a mia disposizione, come era stato nei nostri anni di matrimonio; ora che Rossella aveva deciso di non concedersi.

Con una malizia di cui non la sapevo capace, Rossella si alzò lentamente, tirandosi su la gonna mentre lo faceva. Quindi, si girò dandomi le spalle. Le mutandine che indossava erano, in effetti, un tanga; un filo sottilissimo spariva fra le natiche splendide di Rossella. Si avvicinò a me, appoggiandomi la mano sulla testa, spingendomi il viso verso le sue natiche, e chinandosi in avanti in modo che io potessi raggiungere il suo sesso con la lingua. Col volto premuto contro quelle natiche piene e tonde, spinsi in fuori la lingua, appoggiandola sul suo sesso. Iniziai a leccarla con devozione, scegliendo i movimenti che sapevo le facevano più piacere; premendo sul clitoride e muovendo la lingua in circolo, alternando con brevi leccate alle grandi labbra e alla fessura. Le sue mutandine erano bagnate e sentivo il suo acre ma delizioso sapore. Rossella iniziò a mugolare di piacere, spingendo con più forza il mio viso contro di lei, e continuai a leccarla a lungo, per un tempo che mi pareva infinito, col membro sempre più duro, fino a quando mi afferrò la testa con entrambe le mani e iniziò a sussultare nel suo primo orgasmo della giornata (o almeno, era il primo per quello che potevo supporre).

Per il resto del pomeriggio e della serata, Rossella mi chiese di restare nudo. Lei invece era sempre vestita, cosa che rendeva assolutamente esplicito ed evidente la mia nuova situazione di sottomissione nei suoi confronti. Si fece preparare un aperitivo e poi la cena, e poi guardammo la televisione; lei sul divano, io ai suoi piedi; a più riprese, lei mi chiese di leccarla, fino all'orgasmo; venne quattro volte in tutto. Per quasi tutto il tempo rimasi eccitato, anche se Rossella non mi toccò più. Avevo già avuto quello che lei riteneva opportuno concedermi, con quella rapida, umiliante pseudo-sega in salotto.

mercoledì 15 settembre 2010

Le umilianti confessioni di un cuckold p.1 - Come è iniziato

Sono sposato con Rossella da tre anni. Mi sono sempre considerato un uomo fortunato per questo. So di avere una bellissima, giovane moglie. Rossella ha ventisei anni, bruna con bei capelli lunghi neri, occhi castani. La cosa che amo di più di lei è sempre stato il fondoschiena, è ciò che mi ha stregato negli anni del nostro fidanzamento. E' perfetto: abbondante, tondo, e sodo. E altrettanto perfette sono le sue gambe; è una di quelle donne che con un vestito corto o una minigonna (o anche con un paio di jeans attillati) e un paio di tacchi alti può trasformare chiunque in un feticista desideroso solo di inginocchiarsi ai suoi piedi e leccarla tutta.

Ed è sempre stata fantasiosa e appassionata a letto. Quando eravamo fidanzati mi faceva impazzire nei motel, presentandosi con autoreggenti o guepiere, lingerie di classe, tacchi alti: un vero sogno. E sono stato felice quando, dopo essere andati a vivere assieme, ho notato che non le dispiaceva, di quando in quando, mettersi elegante anche per le nostre serate insieme a casa.

Un'altra cosa che sapevo di Rossella già prima di sposarla era che aveva una certa tendenza alla dominazione. Le piaceva legarmi al letto, nei motel, e stuzzicarmi fino allo spasimo, mettendosi a cavalcioni su di me e ordinandomi di leccarla. Certe volte giocava così letteralmente per ore, facendosi soddisfare con la bocca e leccandomelo o massaggiandomelo, e certe volte veniva anche tre o quattro volte prima di prenderlo e permettermi di godere finalmente insieme.

Non si era mai spinta molto più in là, però, fino alla fatidica sera in cui tutto cominciò.

Eravamo a casa nostra. Avevamo avuto ospiti a cena, e Rossella era vestita in modo incredibilmente sexy ed elegante, con un bel vestitino scollato, sopra il ginocchio, autoreggenti nere e scarpe nere col tacco. Per tutta la sera mi aveva provocato, approfittando di ogni istante in cui eravamo appartati per toccarmi attraverso i calzoni, o prendermi la mano e mettersela sulle natiche, insomma per eccitarmi, dicendomi che mi voleva pronto per dopo. Avevamo anche bevuto un po'. Insomma, si preannunciava un fine di serata molto interessante.

Quando gli ospiti se n'erano andati eravamo finiti subito in camera da letto, e dopo qualche bacio con lei a cavalcioni su di me, e le mie mani sotto la sua gonna, si era improvvisamente alzata da letto. - Togliti tutti i vestiti, - mi aveva detto. Io le avevo sorriso e avevo cominciato a spogliarmi, notando che lei non stava facendo lo stesso: si era tolta solo le mutandine. Per me andava bene, come ho detto la adoro in autoreggenti e tacchi alti, non ci tenevo che si spogliasse, purché la potessi scopare. Una volta che fui completamente nudo, però, Rossella mi aveva fatto sdraiare a letto e, come in altre occasioni, mi aveva legato i polsi alla spalliera, guardandomi con un sorriso intrigante.

- Che ne dici di cominciare a leccarmi per bene come facevi da fidanzato? - mi aveva chiesto. Al mio cenno di assenso mi aveva dato un bacio con la lingua, accarezzandomi la guancia, e poi si era messa a cavallo su di me, rivolta in avanti, le cosce aperte e la sua deliziosa fichetta a portata della mia bocca. Così l'avevo portata al primo orgasmo della serata.

Poi era scivolata giù. Io speravo che presto avrei sentito il calore della sua fica, che lo avrebbe preso dentro. Ma non fu quello che accadde.

Rossella appoggiò il sesso al mio, e iniziò a strusciarsi lentamente su di me, fissandomi. Sentivo la sua umidità sul mio membro, la sentivo scivolare, era incredibilmente piacevole. Avrei voluto poterle toccare le cosce o i seni, ma ero ancora legato. E forse per via del vino che avevo bevuto, o per la stanchezza di una giornata di lavoro molto intensa, sentivo che pur essendo eccitatissimo non stavo diventando del tutto duro. Ero in erezione, ma una erezione che non era, per così dire, proporzionata alla situazione così eccitante. Rossella lo sentiva. - Cosa c'è, sei stanco? - mi disse, con uno sguardo malizioso. - No... - risposi io, - prendilo... vedrai che non sono stanco...

Lei sorrise, e rimase un attimo a guardarmi. In quel momento qualcosa scattò dentro di lei. Si spostò muovendosi sinuosamente, accoccolandosi accanto a me, il suo corpo conturbante, vestito, a contatto col mio, nudo. Sentii che mi accarezzava il membro con la punta di un dito, volsi lo sguardo verso di lei, sorridendo, pensando che volesse giocare un po' prima di accondiscendere alla mia richiesta. Ma lei disse: - e se invece per questa sera decidessi di lasciarti così?

- Così... come?

- Così, eccitato. Penso che non ti permetterò di scoparmi, questa sera. Mi farai venire solo con la bocca. Cosa ne pensi?

Io rimasi qualche secondo immobile. Ma c'era qualcos'altro che rispondeva per me. Improvvisamente la mia erezione fu totale, tanto completa da essere quasi dolorosa. Ero di marmo. Rossella se ne accorse, e rise, smettendo di toccarmi.

- Oh si, vedo che l'idea ti piace.

- No... non lo so, - mormorai io.

- Be', - rispose lei, accennando al mio membro. - Lui lo sa.

Si mise di nuovo a cavalcioni su di me, di nuovo con la vagina alla portata della mia bocca, ma questa volta rivolta col viso verso il mio membro. Avevo una splendida vista del suo sesso e delle sue grandi, superbe natiche, ma non la potevo più guardare negli occhi. Vidi la sua mano che andava al suo sesso, la vidi aprire le grandi labbra, mostrandomi l'interno rosa del mio sesso. - Lo so che ti piace essere stuzzicato, non è così? - disse. - Si... è vero, - dissi io, avvicinandomi per leccarla, ma lei si ritrasse, lasciando solo che la punta della mia lingua sfiorasse per un istante il suo sesso bagnato. - Allora diciamo che per stasera non avrai niente, - disse. - Sono sicura che domani sera sarai eccitato da morire se ti lascio a becco asciutto per stasera. Sei d'accordo?

Quello fu un altro momento chiave della trasformazione che stava avvenendo. Non avevo mai immaginato che avrei detto quello che dissi, neanche che lo avrei pensato. Ma era così: sapevo che aveva ragione. - Si... - mormorai, - sono d'accordo.

Mi stavo sottomettendo a lei in un modo in cui non lo avevo mai fatto prima. Stavo accettando di non scoparla, di non scopare la mia splendida, giovane moglie, in una serata del genere, con una erezione che sembrava sul punto di esplodere. - Datti da fare con la bocca, allora, - disse lei, - voglio venire almeno due volte, sono tanto eccitata.

Mi diedi da fare. Lei era davvero bagnatissima, i suoi succhi furono presto ovunque sulla mia bocca, sulle mie guance, sul mio mento. Le leccai come non avevo mai fatto prima. E, altra cosa che non avevo mai fatto prima, decisi (o fu lei a deciderlo, offrendomisi in un certo modo) di leccarle anche l'ano, la mia lingua e le mie labbra erano ovunque fra le sue cosce. E Rossella venne, non due ma tre volte. Per tutto il tempo, non toccò il mio membro neppure con un dito. Io muovevo le gambe e il bacino, istintivamente, cercavo di fottere l'aria, come si suol dire. Ma ovviamente non potevo venire in quelle condizioni.

Quando Rossella fu soddisfatta si volse di nuovo verso di me, dandomi un lungo bacio con la lingua, leccandomi anche le labbra, pulendomi dai suoi succhi. - Mi hai leccato come un dio, - mi disse, sensualmente, - mi hai fatto impazzire.

Per un attimo pensai che forse avrei avuto un premio, alla fine, che l'idea di non concedermi nulla fosse stata solo un espediente per farmi eccitare, che alla fine si sarebbe fatta scopare. Ma non fu così. - Ora ti slego, - mi disse, - ma puoi promettermi che non ti toccherai e non ti metterai a strusciarlo contro il materasso? Non voglio che tu venga, questa sera. Puoi promettermi questo? Puoi fare questo per me?

Io risposi di si, prima con un cenno del capo, poi mormorando: - si, lo prometto... va bene.

- Sei così bravo, - disse lei, - per questo ti amo.

Mi slegò i polsi, lasciò che io la abbracciassi, che le mie mani viaggiassero sulle sue cosce, sull'orlo delle autoreggenti, sui suoi seni, ma mentre mi tiravo su col busto per farlo il mio membro giunse a toccare le sue natiche attraverso la gonna che Rossella ancora indossava, e lei sorrise, liberandosi all'improvviso dal mio abbraccio e spostando il bacino per evitare quel contatto. - E' meglio di no, non credi? - disse. - Sei già abbastanza eccitato così... non stuzzichiamolo oltre.

Si alzò da letto. - Tu dormi nudo? - chiese. Non sapevo se fosse un suo desiderio o solo una domanda, ma nel dubbio scelsi di compiacerla. - Si, dormirò nudo, - dissi. Lei si chinò di nuovo per baciarmi. - Bravo, - mi disse.

Poi si preparò per andare a dormire, e anche quello lo fece in un modo nuovo. Si spogliò davanti a me, davanti al letto. Questo lo aveva già fatto, ma in modo casuale, dopo le nostre sessioni di sesso. Stavolta sapeva che io ero ancora eccitato, e di conseguenza si spogliò lentamente, per provocarmi. Vidi le sue splendide natiche nude mentre la gonna scendeva a terra, la vidi chinarsi per togliersi le scarpe, le vidi sfilare le calze una a una mostrandomi la splendida forma delle sue cosce. E anche se non ero legato, tenni le mani vicino alla testa, per resistere alla tentazione di toccarmi. - Dormirò nuda anch'io, - disse, semplicemente. E così fu. Si accoccolò vicino a me, il suo meraviglioso corpo nudo e giovane e caldo accanto al mio, ma quando allungai le mani su di lei me le spinse via. - Abbiamo detto che è meglio di no, - disse, divertita. Spensi la luce.

Rimasi eccitato per ore, forse persino mentre dormivo. E anche se capivo che era successo qualcosa di nuovo, potevo pensare che fosse solo un episodio, un gioco che avremmo fatto qualche volta. Non era così. Non immaginavo nemmeno lontanamente quello che sarebbe seguito.

venerdì 10 settembre 2010

Roberta ricattata p.9 - Un weekend in campagna p.1

Quando Lorenzo rientrò dal suo viaggio all'estero, lui e Romano convocarono Roberta per un sabato mattina, dicendole che avrebbe passato il week-end con loro. Considerando che il fidanzato di Roberta era a militare, e non avrebbe avuto licenze quel finesettimana, trovare una scusa per i propri genitori non fu difficile per lei: disse che sarebbe andata in montagna con alcune amiche. A Roberta fu ordinato, per l'occasione, di indossare un vestitino corto e scarpe con i tacchi, senza mutandine né reggiseno.

Lorenzo e Romano si presentarono alle undici, caricarono Roberta in macchina, e partirono. Roberta fu fatta sedere dietro, mentre Romano e Lorenzo erano davanti. Le fu ordinato subito di allargare le cosce e masturbarsi per tutto il viaggio, prima con le dita, poi con un grosso vibratore. Lorenzo, che era alla guida, non cercò in alcun modo di proteggere Roberta dagli sguardi dei camionisti che li accostavano sulla tangenziale.

Lasciarono la città e si diressero in campagna. Prima di mezzogiorno giunsero a una grande fattoria, dove si fermarono. Quando scesero dall'auto, ad attenderli c'era un gruppo di persone, fra cui il padrone di casa, un contadino tarchiato e barbuto di nome Carlo. Questi fece qualche commento su Roberta, chiamandola "bella maialina", e disse che non vedeva l'ora di vederla al lavoro. Quindi, li fece entrare. Carlo e Lorenzo condussero Roberta in una camera senza finestre, nel seminterrato, portando con loro una grossa borsa da viaggio.

Al centro della stanza c'era uno sgabello sul quale era stato montato un grosso fallo di lattice rosa, inclinato di circa sessanta gradi in avanti. Roberta vide quell'enorme oggetto e rabbrividì. Lorenzo chiuse la porta alle sue spalle, dando un giro di chiave, quindi si voltò verso Roberta. - Allora, vacca, - le disse, - ora ti spiegheremo cosa ci aspettiamo da te.

Con calma, Lorenzo aprì la borsa e ne trasse un paio di calze nere e un reggicalze, che gettò per terra ai piedi della ragazza. - Prima di tutto, indossa queste, e rimettiti le scarpe.

Arrossendo, Roberta prese gli indumenti dal pavimento. Timidamente, si volse di spalle ai due uomini, e indossò il reggicalze. Nel farlo, non riuscì a evitare di mostrare, per un breve istante, le natiche nude. - Un bel culone da frusta, - commentò Carlo. I due uomini risero, mentre Roberta indossava le calze, per poi rimettersi le scarpe con i tacchi.

- Ora girati, - le disse Lorenzo. Dalla borsa, prese il collare borchiato che Romano le aveva fatto indossare pochi giorni prima. Si avvicinò alla ragazza e glielo allacciò al collo. Roberta rabbrividì. Si accorse che, per qualche motivo, al collare erano stati fissati diversi anelli di metallo.

Lorenzo le accarezzò il volto. - Oggi pomeriggio resterai in questa stanza, - le disse. Le indicò un angolo del soffitto, dove era stata fissata una telecamera. - Quella servirà per tenerti d'occhio e
assicurarci che ti attieni agli ordini che ti verranno dati. Ora, Roberta, inginocchiati di fronte a quello sgabello.

La ragazza, arrossendo nuovamente, obbedì, mettendosi in ginocchio. Il fallo di plastica, da quella prospettiva, appariva ancora più enorme e osceno.

- Fra poco dovrai prendere quell'affare nella fica, - le disse Lorenzo, - perciò, per il tuo bene, ora voglio che lo succhi e lo lecchi. La tua saliva servirà, per quanto possibile, da lubrificante.

Roberta, suo malgrado, si chinò in avanti, e prese la punta del grosso membro di lattice in bocca. Con difficoltà, fece scivolare le labbra giù lungo l'asta. L'oggetto era così grosso che le riempiva
effettivamente la bocca. Iniziò a succhiarlo e leccarlo, cercando di bagnarlo di saliva come poteva. I due uomini, osservando quella splendida ragazza inginocchiata a succhiare l'osceno oggetto, iniziarono a massaggiarsi attraverso i pantaloni. Era un bello spettacolo, ma nulla in confronto a quanto sarebbe seguito.

- Basta così, - disse infine Lorenzo. - Ora alzati, e sieditici sopra. Sai dove lo devi prendere.

Roberta si alzò, tremando. Si mise di spalle allo sgabello e iniziò a chinarsi, facendo in modo che il fallo di plastica fosse posizionato contro la sua fessura. L'oggetto era molto grosso. Sentì che il glande entrava dolorosamente nella sua vagina. Trattenendo le lacrime, cercò di ruotare il bacino per aiutare la dolorosa penetrazione. Lorenzo e Carlo le si avvicinarono.

- Non abbiamo tutto il giorno, - disse Lorenzo, che era dietro di lei, prendendole le mani e trattenendogliele dietro la schiena. Carlo si fece di fronte a lei e la prese per i seni, con una stretta crudele, iniziando a spingerla verso il basso. Roberta gemette di dolore mentre l'enorme fallo si faceva strada dentro di lei. Carlo la spinse giù finché metà dell'oggetto fu penetrato. Quindi, i due la afferrarono insieme e iniziarono a costringerla a muoversi su e giù sull'asta di lattice. A ogni spinta verso il basso, l'oggetto guadagnava qualche centimetro, strappando nuovi gemiti di dolore alla ragazza. Infine, riuscirono a farglielo prendere tutto. Roberta sentì la superficie dello sgabello contro le natiche nude. Non aveva mai preso nulla così in profondità. Il suo volto era già rigato di lacrime. Riprese fiato lentamente, mentre i due allentavano la presa.

Carlo le tirò su la gonna fino ai fianchi, esponendo le cosce e le natiche della ragazza, e la vagina aperta intorno all'osceno cilindro. Lorenzo non le aveva ancora lasciato le mani, e gliele legò dietro la schiena con un sottile spago. Roberta si rese conto che, impalata in quel modo, era rivolta direttamente verso la telecamera nell'angolo.

- Ti piace sentirlo così dentro, vero, puttana? - le disse Lorenzo, spostandosi davanti a lei. - Ora che la tua fica è sistemata, pensiamo alle tue poppe.

Con calma, le slacciò i bottoni superiori del vestitino, fino a scoprirle i seni. Carlo osservava, e fece un fischio di ammirazione quando vide le grosse mammelle nude della loro vittima. Mentre Lorenzo prendeva nuovi oggetti dalla borsa, Carlo iniziò a palparle e strizzarle con la destra, mentre infilava due dita della mano in sinistra in bocca alla fanciulla.

Lorenzo si riavvicinò a Roberta con un rotolo di nastro adesivo e due catenelle. Ciascuna delle catenelle aveva un piccolo moschettone a un'estremità e una molletta di metallo all'alta. Lorenzo fece un cenno a Carlo, che prese i seni di Roberta per i capezzoli, tirandoli con forza verso l'esterno e verso l'alto. La ragazza gemette di dolore. Lorenzo sollevò l'estremità del nastro adesivo e iniziò ad avvolgerlo attorno ai seni nudi della ragazza, alla base, legandoli stretti. Fece due giri di nastro, prima di strapparlo dal rotolo. I seni di Roberta erano forzati in una morsa crudele, stretti alla base, e sporgevano verso l'esterno gonfi e rotondi.

Lei stava ancora piangendo e lamentandosi sommessamente, e Lorenzo decise di applicare anche un bavaglio di cuoio, con il quale tappò la bocca di Roberta, allacciandolo dietro la nuca della ragazza. Roberta era visibilmente spaventata. Si rendeva conto che quegli uomini avrebbero potuto farle qualunque cosa, anche del male. Era completamente in loro balia.

Lorenzo passò alle catenelle. Agganciò i moschettoni a due anelli nel collare di Roberta, fissando la ragazza negli occhi. Le mollette, ovviamente, furono agganciate ai capezzoli. Era lo stesso genere di mollette che aveva usato anche Romano; strette e dolorose. Roberta sentì i propri capezzoli, già gonfi per il modo in cui le erano stati legati i seni, venire dolorosamente schiacciati in quelle morse di metallo. Le catenelle erano regolabili in lunghezza, e Lorenzo le fece scorrere finché entrambe non furono sufficientemente corte da tirare visibilmente i capezzoli di Roberta verso l'alto.

Lorenzo e Carlo fecero un passo indietro per osservare quello spettacolo. Una ragazza stupenda, legata in modo crudele, con quelle calze e i tacchi alti, e quei grossi seni gonfi, non poteva lasciare
indifferenti. - Ora, Roberta, - disse Lorenzo, massaggiandosi attraverso i pantaloni, - comincia a scopare quel coso di plastica. Voglio vederti prenderlo con gusto, su e giù, come una cagna in calore.

La ragazza era quasi al limite della sua capacità di sopportare il dolore, ma cercò di obbedire. Debolmente, iniziò a muovere il bacino su e giù sull'orribile oggetto che le violentava la vagina. Carlo e Lorenzo potevano vedere le sue grandi labbra, oscenamente aperte dal grosso fallo, scivolare lungo di esso aprendosi e richiudendosi mentre lei scendeva e risaliva.

- Benissimo. Ora ti spiegheremo cosa ci aspettiamo da te, - disse quindi Lorenzo. - Tu continua a scopare quel cazzone. Hai sentito?

Roberta, suo malgrado, annuì. Ogni movimento su quell'asta di lattice le procurava nuovo dolore, non solo alla vagina, ma anche ai seni, resi ipersensibili dalla stretta morsa del nastro adesivo e delle mollette.

- Questa sera, verrai esibita a un gruppo di nostri amici, - disse Lorenzo. - La scena verrà ripresa, e molti degli spettatori hanno pagato per vederla, perciò dovremo essere molto severi se la rovini comportandoti male. E' chiaro?

Roberta spalancò gli occhi, ma non poté che annuire.

- Carlo, - disse Lorenzo, - questa troia in genere ha bisogno di qualche stimolo per ascoltare bene gli ordini che le vengono impartiti. Che ne dici di occuparti del suo culone mentre vado avanti?

Carlo sorrise, avvicinandosi alla ragazza. Si mise di fronte a lei e si slacciò la cintura, sfilandola. - Me ne occuperò molto volentieri, - disse. Si spostò di fianco a lei, e le si avvicinò all'orecchio. - Fra poco, - le sussurrò, - le tue grosse chiappe saranno in fiamme. Mi dispiace, ma sembra che sia necessario per farti fare la brava.

Prima di spostarsi dietro di lei, si chinò per leccare i seni legati della ragazza. Roberta rabbrividì mentre la lingua di Carlo scivolava sulla sua pelle nuda. Quindi, l'uomo morse leggermente una mammella di Roberta, strappandole un mugolio di dolore, appena soffocato dal bavaglio di cuoio. Carlo rise e si spostò dietro di lei, piegando la cinghia in due. Mentre Roberta continuava a impalarsi sul fallo di lattice, lui iniziò a colpirla sulle natiche nude.

Lorenzo riprese. - Allora, Roberta, dicevamo... - disse. - Ora ti spiegherò come comportarti questa sera. Sappi che se non fai come ti dico, e rovini lo spettacolo, dovremo replicare domani sera. Non ti riporteremo a casa finché non avrai fatto quello che vogliamo da te, anche a costo di andare avanti tutte le sere della prossima settimana. E' chiaro?

Roberta chiuse gli occhi per una violenta cinghiata sulle natiche, e poi annuì. Le lacrime bagnavano il bavaglio di cuoio.

- Bene, - continuò Lorenzo. - Regola numero uno: obbedire. Qualunque ordine tu riceva, per quanto doloroso o umiliante ti possa sembrare, dovrai obbedire senza esitare nemmeno un secondo, senza protestare, e senza implorare o piagnucolare. In genere siamo tolleranti delle tue
stupide suppliche, ma non questa sera. Fai quello che ti viene chiesto, fallo subito, e fallo bene. Non sto scherzando. E' chiaro?

Roberta annuì ancora. - Non ne sono convinto, - disse Lorenzo, facendo un gesto a Carlo. Gli indicò i seni di Roberta. L'uomo, sorridendo sadicamente, si spostò di fianco a lei e le assestò una
cinghiata sulle tette nude e legate. Roberta fece un lungo mugolio di dolore, chiudendo gli occhi mentre numerose lacrime le rigavano le guance.

- Sei sicura che sia chiaro, puttana? - insistette Lorenzo.

Roberta annuì disperatamente, temendo una nuova cinghiata sui seni doloranti. Lorenzo annuì, e fece un altro cenno a Carlo, che tornò a occuparsi delle natiche della ragazza.

- Secondo, qualunque ordine tu riceva, devi rispondere "si, padrone".

Roberta annuì ancora.

- Bene, - disse Lorenzo. Roberta si rese conto con sollievo che le regole erano già finite. Poche, ma terribili, perché preannunciavano l'inferno per lei. Carlo smise di colpirle le natiche.

- Oggi pomeriggio, - continuò Lorenzo, - starai qui, su questo sgabello, e scoperai questo coso, lentamente, tutto il giorno. Là sulla parete c'e' un orologio. Vogliamo che tu abbia almeno un orgasmo ogni ora.

Roberta annuì ancora, fra le lacrime.

- Durante il giorno, avrai numerose visite. In particolare, verranno molti uomini. Quello che faranno questi uomini sarà toglierti il bavaglio e scoparti la bocca. Noi controlleremo da quelle telecamere. Vogliamo che tu implori ciascuno di questi visitatori di farti bere la sua sborra, e che ti impegni a succhiarli come se bere la loro sborra fosse la cosa che desideri di più al mondo. Questo sarà abbastanza vero, perché per ognuno di loro che esce da questa stanza senza
essere venuto, farai un pompino a uno dei maiali di Carlo per compensare.

Roberta spalancò gli occhi, scuotendo il capo e gemendo.

Lorenzo le si avvicinò, portandosi dietro di lei. Le allargò le natiche con calma, e le infilò un dito, bruscamente, nell'ano, sussurrandole nell'orecchio: - si, puttana, sto parlando di veri maiali a quattro zampe. Ne farai sborrare uno per ogni uomo che esce di qui insoddisfatto. E' per questo che ti ho chiesto due volte se avevi capito bene, che devi obbedire, perché è importante che tu ti renda conto che ti verranno dati ordini che troverai ripugnanti, e obbedirai lo stesso, o sarà molto, molto peggio per te.

Crudelmente, piegò il dito a gancio nell'ano di Roberta, e tirò verso l'alto. - E' chiaro, sei sicura? - Roberta gemette di dolore, annuendo disperata. Lorenzo sfilò il dito, le scostò il bavaglio, e glielo mise in bocca. La ragazza, terrorizzata dalle minacce che aveva subito, lo succhiò docilmente,
ripulendolo con cura nonostante l'acre sapore.

Lorenzo sorrise, risistemando il bavaglio, e le diede una serie di sculacciate. - Fammi vedere che sei la brava bambina di papà, - le disse, - ed eviterai il peggio. Ricordati che quello che avverrà oggi pomeriggio è solo la preparazione alla serata.

Detto questo, i due si avviarono alla porta. Roberta li vide uscire e sentì la porta che veniva richiusa a chiave dall'esterno. Sola, dolorante, disperata, alzò gli occhi bagnati di lacrime alla
telecamera, e ricominciò a muovere il bacino lentamente, facendo scivolare il fallo di lattice dentro di se, facendosi prendere fino in fondo.

Entro l'ora successiva, dolorosamente, con fatica, riuscì a raggiungere un orgasmo. Per essere certa che la telecamera lo testimoniasse, gemette e mugolò e si impalò sul fallo di lattice nel
modo più osceno e lascivo possibile.

Poi iniziarono ad alternarsi gli uomini, come aveva preannunciato Lorenzo. In genere, erano braccianti della fattoria. Entravano, la guardavano, la toccavano, gustando i suoi seni, le sue natiche, strofinando le grandi labbra della sua vagina e il clitoride. Quando la toccavano, Roberta cercava di sfruttare quei toccamenti per eccitarsi, e un paio di volte riuscì a venire mentre una mano le frugava la fica piena di quell'osceno cazzo di plastica. Dopo averla toccata, le slacciavano il bavaglio, e Roberta li implorava di sborrarle in bocca, di farle mangiare il loro sperma, usando, per compiacerli, il linguaggio più volgare di cui era capace. Gli uomini le mettevano il cazzo in bocca, le scopavano la bocca a fondo. Per motivi che lei poteva immaginarsi in modo vago, però, nessuno di loro le venne in bocca. Invece, depositavano il loro carico di sperma in un vasetto. Dopodiché, si pulivano il membro sul suo volto o nei suoi capelli, le rimettevano il bavaglio, e se ne andavano.

Nel tardo pomeriggio fu visitata anche dal padrone di casa, Carlo. Quando lo vide entrare, Roberta sussultò. L'uomo conduceva con sé due grossi cani, ed era accompagnato da un nero con un vasetto e guanti di plastica. Roberta guardava il gruppo terrorizzata. Il nero, che si chiamava Rick, era un dipendente di Carlo. A un ordine del padrone, Rick aprì il vasetto. Roberta riuscì a leggere l'etichetta del vasetto: era cibo per cani. Rick ne prese un po', con le mani, e iniziò a spalmarlo sulle grandi labbra della ragazza. Lei gemette, ma non osò far nulla che potesse indispettire il crudele padrone di casa. Mentre Rick spalmava il contenuto del vasetto sulla sua vagina, anzi, cercò ancora di eccitarsi per venire come le era stato chiesto, senza riuscirci.

Rick spalmò un'altra manciata di cibo per cani fra le natiche nude di Roberta, concentrandosi sul suo ano. Carlo, per il momento, si limitava ad assistere. Quindi, Carlo e Rick condussero i cani rispettivamente davanti e dietro la ragazza legata. Attratti dall'odore del loro cibo, i due animali iniziarono a leccarle la vagina e l'ano. La ragazza non poteva opporsi a quel trattamento
umiliante.

Mentre i cani la leccavano, Carlo le slacciò il bavaglio. - Vi prego... - mormorò subito lei. - Vi prego, riempitemi la bocca di sborra... voglio bere tutta la vostra calda sborra....

Carlo sorrise, accarezzandole il volto. Fece un cenno a Rick, che prese un'altra manciata di cibo per cani. - Sei disposta a tutto per avere la nostra sborra, vero, puttana? - le disse Carlo. Lei annuì. - Si, vi prego... farò qualunque cosa per la vostra sborra...

- Per cominciare, allora, - disse Carlo, - abbiamo del cibo adatto a te. Rick, dalle da mangiare.

Rick le si avvicinò con la mano piena di cibo per cani. Roberta piangeva ma accolse obbediente la mano di Rick in bocca, succhiando la disgustosa pappetta dalle sue dita. Sentiva il sapore pungente del cibo per cani e il sapore del lattice dei guanti che Rick indossava. Trattenendo a fatica l'impulso di rimettere, inghiottì tutto, leccando le dita del nero. Carlo rideva e le sculacciava i seni. - Brava cagnetta, - le diceva. Le lingue dei cani continuavano a stimolarle la vagina e l'ano. Il primo strato di cibo era finito, e le loro lingue ruvide spingevano più forte.

Quando Roberta ebbe esaurito il cibo che le era stato offerto, la costrinsero a bere mezza bottiglia d'acqua per risciaquarle la bocca. - Vi prego, - continuava lei, - ora date a questa puttana la sborra di cui ha bisogno...

- Non ancora, cagnetta, - disse Carlo. - I miei adorati cani pastori ti stanno leccando quei sudici buchi da diversi minuti, e sarebbe molto offensivo se tu non dimostrassi di apprezzare questo
trattamento. Voglio vederti venire mentre ti leccano.

Roberta esitò. - Si, padrone, - mormorò poi, ricordando gli ordini di Lorenzo. Suo malgrado, cercò di concentrarsi sull'osceno piacere che gli animali le procuravano leccandola in quel modo. Suo malgrado, spostò il bacino leggermente in avanti per permettere al cane che le stava leccando la vagina di strusciare la sua lingua secca sul suo clitoride. Carlo e Rick guardavano, ridendo e palpandole le tette, strizzandole con forza.

Dopo un tempo che le parve interminabile, Roberta sentì che stava raggiungendo l'orgasmo tanto desiderato quanto degradante. Quando il suo corpo fu scosso dal piacere, si sentì sporca come non si era mai sentita prima. La sua umiliazione fu accentuata dalla incredibile violenza di quell'orgasmo. Mugolando e agitandosi, riversò il capo all'indietro, mentre i suoi seni arrossati erano scossi dai brividi che le attraversavano il corpo e dal suo ansimare incontrollabile.

- Molto bene, - disse Carlo, quando lei si fu ripresa. Con calma, si slacciò i pantaloni e le mise in bocca il membro. Trattenendola per i capelli, iniziò a pompare con violenza nella bocca passiva della fanciulla. I cani avevano completamente ripulito gli orifizi di Roberta e si ritrassero. Carlo le prese la bocca a fondo per un tempo lunghissimo. A differenza di quanti l'avevano preceduto, Carlo non usò il vasetto. Al momento del piacere, lo tirò fuori e si chinò su di lei, prendendosi in mano il membro e orientandolo verso la vagina di Roberta. Scaricò numerosi abbondanti getti di sperma, insozzandole il pelo e le grandi labbra.

Quindi, Carlo lasciò il posto a Rick. Il nero tirò fuori un enorme membro d'ebano, lungo, lucido, duro. Senza dir nulla, lo infilò in bocca a Roberta, spingendolo fino in gola. La ragazza ebbe l'impressione di soffocare, e, istintivamente, deglutì, prendendo il glande di Rick dentro la gola. L'uomo iniziò a scoparle la gola con violenza. Roberta non aveva mai preso un membro maschile di simili dimensioni; il suo volto, con le labbra aperte attorno a quel mostro, era uno spettacolo, e Carlo suggerì a Rick di spostarsi leggermente per mostrare meglio l'azione alla telecamera.

Quando Rick fu prossimo all'orgasmo, lo tirò fuori. Evidentemente a lui non erano riservati gli stessi privilegi del padrone di casa, perché dovette recuperare un vasetto che teneva in tasca e scaricarsi lì dentro, riempiendone un buon quarto di denso sperma giallognolo.

- Non temere, puttana, - disse Carlo, - avrai quel delizioso sperma molto presto.

I due rimisero il bavaglio a Roberta. - Saluta Red e Magnus, - disse Carlo a Roberta, indicando i due grossi cani. - Rivedrai presto anche loro.

Con questa frase, Carlo e Rick lasciarono la stanza, conducendo via anche i cani. Roberta rimase sola. Piangendo, guardò l'orologio. Mancavano ancora due ore, e due orgasmi, all'inizio della sua serata speciale.

Roberta ricattata p.8 - Un pomeriggio con Gianni

Durante l'assenza di Lorenzo, Roberta era stata costretta a passare tutto il suo tempo in università con Gianni. Durante le lezioni, Roberta doveva sedersi vicino a lui, di solito nei banchi in fondo; per prima cosa, Gianni le ordinava di consegnargli le mutandine, in modo che il corpo della ragazza fosse più accessibile. Poi, per tutta la durata della lezione, la toccava fra le cosce nude o le palpava i seni, e la costringeva a infilargli una mano nella patta e masturbarlo. Un paio di volte, quando erano seduti piu' defilati, Gianni l'aveva anche fatta mettere in ginocchio fra le sue gambe e si era fatto succhiare per tutta la lezione. Quando uscivano dall'aula, Gianni era generalmente molto eccitato e la portava in una toilette fuori servizio. Lì il ragazzo la faceva spogliare e la prendeva. La sua posizione preferita consisteva nel fare mettere Roberta, nuda, a quattro zampe sul pavimento del cesso, e nel prenderla da dietro. Due volte, in quella posizione, l'aveva anche sodomizzata. Fra tutti i ricattatori di Roberta, Gianni era quello che aveva il membro di maggiori dimensioni: essere penetrata analmente da lui era molto doloroso per Roberta, ma, dato il luogo, si sforzava di soffocare i propri gemiti di dolore.

Gianni le aveva anche dato una serie di istruzioni circa come eseguire diversi compiti. In particolare, le aveva insegnato a rispondere sempre alle sue domande con frase complete e non con semplici 'si' o 'no'. Se gli sembrava che le risposte di Roberta non fossero soddisfacenti, al termine delle lezioni la portava in bagno, la faceva mettere faccia alla parete, le ordinava di scoprirsi il culo e la frustava con la cinghia.

Ogni giovedì, Roberta tornava a casa presto per dare ripetizioni di matematica a un liceale del primo anno. Quando Gianni venne a conoscenza di questo fatto, decise di sfruttarlo per divertirsi con Roberta. Il giovedì successivo accompagnò personalmente Roberta a casa, e salì a casa sua. I genitori di Roberta lavoravano, e il fratello minore non tornava prima di sera.

Appena furono in casa, Gianni ordinò a Roberta di condurlo in camera sua. Quindi, si volse alla ragazza, e, senza dir nulla, le tirò su la gonna. Roberta aveva consegnato le mutandine a Gianni, e la sua vagina era accessibile. Obbediente, allargò le cosce per lasciarsi toccare dal suo padrone. Gianni prese a strusciare il palmo sulla fessura della ragazza, fissando Roberta, che abbassò lo sguardo arrossendo. Senza togliere la mano, quindi, Gianni le chiese: - Fra quanto tempo arriverà il tuo studente?

- Mezz'ora, - rispose Roberta. La sua voce tremava leggermente. La mano di Gianni si strusciava insistentemente sul suo sesso.

- Dimmi di lui: come si chiama, quanti anni ha.

- Si chiama Davide... ha quindici anni... - mormorò ancora lei.

Gianni sorrise. - Scommetto che ti guarda le tette e che gli diventa molto duro, - disse. - Una vacca come te lo fa rizzare anche ai bambini, non è vero?

Roberta arrossì. Sapeva che avrebbe dovuto rispondere di si, e a modo, ma l'idea di coinvolgere un minorenne la spaventava. - No... non è vero.... - mormorò. - Ti prego... cosa...

- Ti prego cosa? - fece Gianni, infilandole il dito medio nella vagina. Roberta trattenne il fiato un attimo sentendosi penetrare.

- Ti prego... non coinvolgerlo...

Gianni scosse il capo, sfilando il dito e rifilando una secca sberla alla fica della ragazza. - Non spetta a te dirmi cosa devo o non devo fare, - disse severamente. Le pizzicò le grandi labbra, crudelmente. - Sai benissimo cosa meriterebbe il tuo culo per non avermi risposto come si deve. Ma ti punirò diversamente. Avevo già deciso che ti avrei fatto vestire in modo arrapante per il tuo studentello, ma visto che hai osato fare storie, vedrò di assicurarmi che il tuo vestiario sia più che arrapante: ti farò vestire come una zoccola da strada.

Avvicinò il volto a quello della ragazza, e la baciò. Roberta rispose con la lingua, suo malgrado, come era stata addestrata a fare. - Oggi verrai umiliata come una cagna di fronte a un quindicenne arrapato. Ogni tuo errore, come quello che hai appena fatto, verrà punito quando ci sarà qui Davide. Hai capito? - La pizzicò più forte per incitarla a rispondere, affondando le unghie nella carne delicata della ragazza. Roberta si fece coraggio. - Si... padrone ho capito - mormorò.

Quindi, la lasciò. - Ora sceglierò cosa farti indossare. Fammi vedere dove tieni intimo, magliette e
gonne.

Roberta era consapevole di non avere scelta, per quanto la prospettiva che aveva davanti le apparisse inaccettabile. - Si... subito - mormorò, affrettandosi ad aprire le ante dell'armadio. Magliette, gonne e intimo stavano in tre diversi cassetti di una grande cassettiera. Gianni osservò il contenuto dei cassetti, quindi tirò giù anche alcune scatole che stavano sui ripiani superiori, selezionandone alcune e appoggiandole sulla cassettiera. Quando fu soddisfatto, si voltò a Roberta. - Devi cambiarti, puttana, non hai sentito? Togliti tutto.

Roberta arrossì, e iniziò a spogliarsi. Si tolse le scarpe, la camicetta, la gonna. Gianni aspettava. Quando la ragazza fu nuda, le si avvicinò. - Mentre io decido come umiliarti di fronte
al tuo studente, professoressa, - le disse, - tu ti metterai qui in ginocchio a succhiarmelo per dimostrarmi quanto mi sei grata per il modo in cui sarai degradata oggi.

Roberta non poté che inginocchiarsi, obbediente, trattenendo le lacrime, mentre lui iniziava a controllare gli indumenti della ragazza. Gli slacciò i pantaloni, e lo tirò fuori, com'era ormai abituata a fare. Gianni era molto severo nel giudicare il modo in cui Roberta lo succhiava. Temendo le sue reazioni, Roberta iniziò a leccarlo dolcemente e quindi lo prese in bocca, succhiandolo lentamente fino alla radice, e poi iniziando a muovere le labbra, sensualmente, avanti e indietro lungo l'asta.

Gianni iniziò a selezionare dei capi. Roberta si accorse che stava anche verificando le taglie. Finalmente, trovò il primo capo di suo gradimento. Era un tanga lilla, probabilmente di qualche anno prima, perché si trovava in una scatola ed era una taglia più piccolo rispetto alle mutandine riposte nella cassettiera. Sorridendo, Gianni lo sventolò di fronte al viso di Roberta. - Penso che queste siano le mutandine adatta per mettere in risalto il tuo culone da vacca. Sei d'accordo?

Roberta sapeva che non doveva smettere di succhiare Gianni senza permesso, e che tuttavia, era tenuta a rispondere alle domande dirette. Con voce soffocata dal grosso membro del ragazzo, mormorò - si, sono d'accordo... mettera' in risalto... il mio culone da vacca, padrone.

Gianni rise. Gli piaceva sentire parlare Roberta quando aveva la bocca piena. - Tirati su la gonna e accarezzati il buco del culo mentre lo succhi, - disse Gianni. - Con tutte e due le mani.

Roberta arrossì per quell'ordine umiliante, ma obbedì, sollevandosi la gonna e aprendosi suo malgrado le natiche. Iniziò ad accarezzarsi l'ano mentre prendeva il membro di Gianni più a fondo.

Gianni continuò la sua cernita, scegliendo un paio di autoreggenti nere, e la gonna più corta che riuscì a trovare, una mini color carne. Man mano che sceglieva gli abiti per Roberta, glieli mostrava e li buttava per terra.

- Ti piace accarezzarti il buco del culo, vero, tettona? - le disse Gianni, mentre cercava una maglietta. - Si, mi piace... accarezzarmi il buco del culo, - rispose lei, continuando a succhiare.

Infine Gianni trovò una maglietta, anch'essa probabilmente di diversi anni prima. Quindi, volse lo sguardo alla fanciulla inginocchiata, osservandola con un ghigno di piacere mentre lei faceva scivolare la bocca sul suo membro. - Questo sarà il tuo abbigliamento per le ripetizioni di oggi, professoressa, - le disse. Guardò l'orologio. - Dovrebbe essere qui fra dieci minuti, ma so che hai troppa voglia per aspettare. Comincia a mettere le calze e la maglietta, ma sbrigati, ho voglia di farmi una bella leccata di fica.

Roberta si sedette sul pavimento e infilò le autoreggenti. Quindi, prese la vecchia maglietta scelta da Gianni, e la indossò con difficoltà. Era semplicemente scandalosa, almeno due taglie troppo piccola, inadatta a contenere le grosse mammelle della studentessa. La scollatura, già ampia, veniva ulteriormente tirata dalle forme piene della ragazza: lasciava in vista una buona metà dei
suoi seni, arrivando a coprirla fino a non più di un paio di centimetri sopra i capezzoli, che disegnavano due cerchi scuri, ben visibili, sotto il sottile tessuto di cotone. Roberta si rese conto
che Davide stava per arrivare e iniziò a tremare di vergogna al pensiero di quello che sarebbe successo.

Gianni la prese per i capelli e la spinse verso la scrivania. - Siediti qui sopra. Voglio vederti a cosce spalancate.

Lei si sedette sul piano della scrivania e divaricò le gambe. Gianni si sedette sulla sedia di Roberta, di fronte alla vagina aperta della ragazza. Si chinò avanti e iniziò a leccarla lentamente. Roberta si appoggiava con le mani alla scrivania e non poteva far altro che lasciare che il ragazzo gustasse la sua vagina in quel modo osceno. La lingua di Gianni scivolava sul suo sesso in lunghi, lenti movimenti, da un'estremità all'altra della fessura. Mentre la leccava, Gianni alzò le mani ai seni di lei e prese a strizzarli, anche questo lentamente, dalla base ai capezzoli, tirandoli e premendoli come se la mungesse. - Dimmi che sei una cagna che beve la sborra dei bambini, -
le disse. Roberta non poté più trattenere le lacrime, ma mormorò: - sono... una cagna che beve la sborra dei bambini...

La ragazza si rese conto che, inevitabilmente, si stava bagnando, e i suoi capezzoli si stavano indurendo. Era questo che Gianni voleva. Continuò finché la vagina di Roberta non fu così lubrificata che la lingua del ragazzo ci scivolava dentro, involontariamente, a ogni leccata. Quindi si ritrasse, lasciando Roberta arrossata e leggermente ansimante.

- Dove tieni il rossetto? - le chiese.

Roberta rispose che lo teneva nella borsa, indicandola. Gianni frugò nella borsa e, trovatolo, lo porse alla ragazza.

- Romano mi ha detto che ti dona molto il rossetto sulla fica. Fammi vedere.

Roberta prese il rossetto. Tremando, lo aprì e iniziò ad applicarselo alle grandi labbra, sotto gli occhi di Gianni. - Mmmh... stai dando uno spettacolo molto arrapante, seduta a cosce larga, con quelle autoreggenti e quella maglietta da vacca, - le disse lui. - Ti riempirei quella ficona di cazzo subito, se non aspettassimo ospiti.

Attese che Roberta avesse finito, quindi la esortò: - Ora, puttana, vai a prendere un paio di scarpe con i tacchi. Scegli quelle più da troia che hai, o finirà che dovrò frustarti sul culo di fronte al tuo studentello.

Roberta annuì, mormorando, - si, subito, - e uscì dalla stanza, tornando dopo un minuto con un paio di scarpe, che mostrò a Gianni. Erano sandali con un tacco vertiginoso, che Roberta aveva indossato una sola volta a un matrimonio. Lui annuì. - Indossale, e metti anche il tanga e la gonna.

Roberta obbedì. Il tanga era piuttosto stretto, al punto che l'elastico non le arrivava in vita, attraversando la parte superiore della natiche e del pube. La parte anteriore era troppo piccola
persino per coprire del tutto le sue grandi labbra. La gonna era sufficientemente lunga da coprire i bordi delle autoreggenti, ma solo se Roberta era in piedi o seduta composta.

Gianni la osservò con calma. - Sembri proprio una troia da strada, - le disse, toccandola. Le palpò le cosce, il culo, le tette, e poi iniziò ad accarezzarle la fica attraverso il tanga. - Potrebbe essere un'idea, questa, - continuò, per tormentarla mentre la toccava, - una di queste sere potrei portarti sui viali e obbligarti a prostituirti per me. Chissà, magari potresti incontrare qualche conoscente, un vicino di casa... Chissà, magari qualcuno che ti ha sempre desiderato, e che ti troverebbe lì disponibile per venti euro. Che ne dici?

Roberta non sapeva cosa rispondere, sperava solo che Gianni non parlasse sul serio. Il campanello la trasse dall'imbarazzo. Gianni fece un gesto a Roberta. - Vai ad aprire, - le disse. Roberta esitò, quindi tirò verso il basso l'orlo della gonna, cercò invano di sistemare la maglietta, e si decise ad andare ad aprire. Quando Davide la vide, i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa. Per un istante diede un'occhiata alla scollatura della maglietta di Roberta; poi distolse lo sguardo, arrossendo ed entrando in casa. Roberta lo condusse, come sempre, in camera. Qui,
Davide ebbe la sorpresa di trovare uno sconosciuto.

- Questo e' Gianni - mormorò Roberta. - Si tratterrà... per un po'...

Davide e Gianni si salutarono. Quindi, Roberta e Davide si sedettero alla scrivania, Davide tirò fuori i propri libri. Prima che iniziassero, Gianni intervenne. - Quanto la paghi? - chiese a Davide.
Il ragazzino sembrò stupito dalla domanda. Guardò Roberta, incerto se rispondere, ma la ragazza teneva gli occhi sui libri, in silenzio. - Dieci euro all'ora, - rispose infine Davide.

Gianni annuì. - Oggi, con la stessa cifra, ti faro' avere un servizio molto migliore. Tira fuori i soldi.

Davide esitò nuovamente. Il tono di Gianni sembrava deciso, anche se non minaccioso. Il ragazzino prese il portafoglio e ne trasse due banconote da cinque.

- Siediti sulla scrivania, Roberta, - ordinò Gianni, prendendo i soldi di Davide.

Roberta arrossì violentemente. Spostò i libri di Davide, con le mani che le tremavano, e si sedette sulla scrivania. Il ragazzino poteva chiaramente vedere l'orlo delle autoreggenti di Roberta, e intravedeva anche le mutandine. Gianni arrotolò le banconote a sigaro. - Sposta
il tanga, Roberta, mettiamo via i soldi. -

Davide era stupefatto, e rosso in volto. Roberta divaricò leggermente le cosce, e, senza dir nulla, prese il tanga, scostandolo e scoprendosi la fessura. Davide stava iniziando a capire, e sorrise,
guardandola fra le cosce. Roberta teneva gli occhi bassi. Il fatto di avere le grandi labbra dipinte di rossetto aumentava l'umiliazione, già quasi insopportabile, di stare mostrando le parti intime a quel ragazzino. Gianni si avvicinò e le apri' la fessura con una mano, infilandoci lentamente le banconote. Gli occhi di Roberta si riempirono di lacrime.

- Non sapevi che Roberta fosse una simile puttana, vero? - disse Gianni a Davide.

- No, non lo sapevo, - rispose il ragazzino, sorridendo nuovamente. Davide non poteva non essersi accorto che Roberta stava piangendo, ma faceva finta di niente. Evidentemente, gli andava bene così.

Gianni spinse i soldi dentro la vagina di Roberta, e rimise a posto il tanga. - Dieci euro sono un prezzo più che adeguato per una troia come te, non è vero, Roberta? - le disse. - Inginocchiati e dimostra la tua riconoscenza a Davide.

Roberta scese dalla scrivania. - Aspetta, - le disse Gianni, - prima mettiti in ordine. - Così dicendo, le sollevò la gonna, arrotolandola sui fianchi della ragazza. Davide vide i fianchi e le
natiche di Roberta. Più che coprirla, il tanga serviva solo a esaltare oscenamente le sue giovani, invitanti forme. - Va bene, - disse Gianni, colpendola con una pacca sulle natiche, - in ginocchio,
ora.

Roberta si mise in ginocchio di fronte al ragazzino. - Scommetto che hai sempre desiderato di vedere quelle belle tette nude, vero, Davide? - disse Gianni. Il quindicenne annuì. - Oh si, - disse, - sono molto arrapanti.

- Tirale fuori, Roberta, - ordinò Gianni.

Roberta slacciò qualche bottone della maglietta, e tirò fuori i seni uno a uno. Davide la osservava, eccitatissimo. Quindi, Gianni le prese i polsi, costringendoli dietro la schiena della ragazza e trattenendoli. In quella posizione, i grossi seni della studentessa erano offerti in modo molto invitante. - Puoi anche toccarle, se ti va, Davide.

Davide esitò solo un istante. Quindi, si chinò in avanti e prese in mano la morbida carne della ragazza. Roberta rabbrividì, sentendo le mani di un ragazzino che la toccavano in quel modo. Davide la palpava avidamente, strizzando i seni pieni di Roberta. Gianni si chinò, sempre trattenendo i polsi della ragazza, e la colpì con una violenta pacca sulle natiche. - Usa le tette per ringraziare Davide dei soldi che ti ha dato, cagna, - le disse. La prese per i capelli e la spinse
avanti. Davide non si mosse, lasciando che Gianni conducesse. Roberta dovette appoggiare i seni nudi sulla patta del quindicenne. Quindi, spinta da Gianni, iniziò a strusciarli sul membro del ragazzino, massaggiandolo attraverso i calzoni.

Roberta teneva ancora gli occhi bassi, ma Gianni la colpì con una nuova, violenta pacca sulle natiche. - Ora basta fare la timida, Roberta, - disse. - Guarda Davide negli occhi e digli quanto hai
bisogno di cazzo e di sborra.

Roberta, suo malgrado, alzò gli occhi al suo studente. - Io... ho tanto... bisogno di cazzo... e si sborra... - mormorò. Davide sorrise, quindi guardò Gianni. - Posso farle tutto quello che voglio?

Gianni rifletté qualche secondo. - Per oggi, sarò io a condurre. Che ne diresti di vedere il suo grasso culone da vicino, nudo?

Davide annuì. - Oh si, mi piacerebbe molto... - disse, sorridendo.

- Bene, - rispose Gianni. - Puttana, tiraglielo fuori e poi alzati in piedi.

Roberta, suo malgrado, iniziò a slacciare i jeans di Davide. Il ragazzino non si oppose, lasciando che lei li slacciasse del tutto e glielo tirasse fuori. Il membro di Davide era già molto duro. Quindi,
Roberta si alzò. Gianni le strappò di dosso il tanga, e la fece girare di spalle a Davide.

- Ora massaggialo con quel grosso culo, - le ordinò Gianni, colpendola con un ceffone sui seni nudi. Roberta si asciugò le lacrime, e si chinò. Umiliata, appoggiò le natiche nude sul membro del ragazzino. Oscenamente, iniziò a muovere il bacino, strusciando le natiche sul sesso del suo allievo. Davide la abbracciò e iniziò ad accarezzarle i seni e la fica mentre lei lo masturbava in quel modo degradante. Davide gemeva di piacere.

Gianni si avvicinò e sfilò i soldi dalla vagina di Roberta. - Masturbalo con la fica, ora, cagna. Fagli sentire le grandi labbra che sbaciucchiano il suo cazzo, ma senza prenderlo. Non vogliamo che tu goda.

Roberta rispose - si, signore, - e spostò indietro il bacino, appoggiando la vagina sul membro di Davide. Lentamente, iniziò a strofinarla su di lui. Le grandi labbra di Roberta si appoggiavano ai lati del membro del ragazzino.

Gianni prese il mento di Roberta e le fece alzare il volto, per farla guardare mentre si slacciava la cintura. - Ora Davide, Roberta ha bisogno di essere punita per alcune mancanze di cui si è resa
colpevole prima che tu arrivassi, - disse. - Devo frustarla sulle tette. O preferisci che io aspetti che tu sia andato via?

Davide esitò. - Oh, no, - disse poi, - frustala... vorrei vedere...

Gianni sorrise, e piegò la cintura in due, fissando Roberta. Quindi, le sollevò la mammella destra, sorridendo crudelmente. - Continua a nassaggiare il tuo cliente, puttana, - le disse, - non voglio vederti fermare per nessun motivo.

- Si, signore, - mormorò lei. Gianni annuì e inflisse il primo colpo sulla mammella di Roberta. La ragazza sussultò, ma suo malgrado continuò a massaggiare Davide. Sentiva il membro di Davide che, ogni tanto, scivolava dentro di lei, ma poiché le era stato vietato di prenderlo, ogni volta si affrettava a farlo uscire, temendo ulteriori punizioni da parte di Gianni. Il ragazzino, invece, cercava ogni volta di trattenerla, era chiaro per lui la fica di Roberta, della sua insegnante più matura, era terribilmente invitante. Intanto, Gianni aveva iniziato a frustare i seni di Roberta con regolarità, e con forza crescente, ed essi erano già visibilmente arrossati.

Roberta sentì nuovamente il membro di Davide che scivolava dentro di lei. Questa volta il ragazzino la afferrò per i fianchi, piantandola saldamente sul proprio membro. Roberta cercò di divincolarsi, inutilmente. - Ah... sei riuscita a prenderlo in fica, vero troia? - le disse Gianni, accorgendosi di quanto era successo. - Questo ti costerà una punizione ulteriore. Però adesso lascia che Davide ti scopi.

Roberta iniziò suo malgrado a cavalcare il membro di Davide, mentre Gianni, per punirla, le passava la cintura intorno ai seni. Fece fare due giri completi alla cintura attorno ai seni della ragazza, e quindi la allacciò. La cintura le strizzava i seni, facendo sporgere oscenamente i bei capezzoli. Gianni iniziò a stropicciarli finché furono eretti.

Quindi, mentre Roberta veniva posseduta in profondità, Gianni prese dall'armadio una gruccia, di quelle dotate di mollette, per gonne. Tornò da Roberta, e applicò le mollette ai capezzoli di Roberta, dopo averli nuovamente stropicciati. Le mollette della gruccia schiacciavano crudelmente i delicati capezzoli della fanciulla, che iniziò a gemere di dolore e piangere. Questo non fece altro che eccitare di più Davide, che iniziò a pompare con foga nella vagina di Roberta.

- Se le palpi le tette ora, - disse Gianni a Davide, - le farai molto male. Che ne dici di darle una bella strizzata?

- Oh si, - mugolò Davide. Portò le mani ai seni legati di Roberta e iniziò a strizzarli con forza, strappandole nuove lacrime. Gianni lo lasciò fare per un po'. La violenza con cui Davide tormentava i seni della ragazza e spingeva nella sua vagina gli fece capire che Davide era prossimo all'orgasmo. - Preferisci venirle nella fica o riempirle la faccia di sborra? - gli chiese.

- Oh... - mugolò il ragazzino, - mi piacerebbe riempire di sborra il suo visino... e le sue tettone.

- Vuoi che Roberta usi la bocca ora?

- Oh si...

Gianni prese Roberta per i capelli. - Hai sentito, cagna? Smettila di succhiargli il cazzo con quella sporca fica, e mettiti in ginocchio come si deve.

Roberta, piangendo, si alzò. Si girò verso Davide e si inginocchiò. Gianni le prese i polsi e, nuovamente, glieli forzò dietro la schiena, legandoli con un foulard. - Ecco, la bocchinara è legata
come un salame e pronta all'uso, Davide. Divertiti, - disse Gianni.

Davide sorrise e prese il capo di Roberta, spingendolo verso di sé. La ragazza non poté far altro che dischiudere le labbra e prendere il membro del ragazzino in bocca. Iniziò a succhiarlo, mentre Gianni assisteva. I seni della fanciulla erano doloranti, e la sua vagina, stimolata da quanto era successo prima, era bagnata e gonfia. Suo malgrado, Roberta si rendeva conto di aver bisogno di venire, ma sapeva che Gianni non l'avrebbe concesso.

Prese a servire il membro di Davide con cura, prendendolo in profondità, succhiandolo e leccando. Davide la teneva per i capelli, e sfruttava quella presa per scoparle la bocca a suo piacimento. Quando sentì che stava per venire, le spinse il volto indietro, in modo che il membro scivolasse fuori dalla bocca di Roberta. Quindi la spinse di nuovo verso di sé. Roberta fece per riprenderlo in bocca, ma Davide glielo impedì, spingendola ancora indietro e poi di nuovo
avanti, appoggiandole il membro sulla guancia. Trattenendola per i capelli, iniziò a masturbarsi con foga sul volto di Roberta. Gianni sorrideva dell'umiliazione che la sua vittima stava subendo da quel ragazzino. - Vacca, - disse a Roberta, - voglio che guardi Davide negli occhi mentre ti riempie la faccia di sborra.

Infine, Davide spinse di nuovo la testa di Roberta indietro, si prese il membro in mano per dirigerlo, e iniziò a schizzarle in faccia. Roberta, secondo il volere di Gianni, guardava il ragazzo negli occhi, attraverso le lacrime. Gianni schizzò una grande quantità di sperma sulle labbra, sulle guance, sul naso e sui capelli di Roberta, e diresse altri abbondanti schizzi sui seni nudi e legati della ragazza.

Quando Davide ebbe concluso, Gianni fece alzare Roberta nuovamente in piedi. - Puliscigli l'uccello con la fica, - le ordinò. Costrinse Roberta a girarsi di spalle verso Davide, e a chinarsi come prima, massaggiandogli nuovamente il membro con la vagina nuda. Lasciò che lei lo ripulisse in quel modo umiliante per alcuni minuti.

- Per oggi, penso che possa bastarti, Davide, - disse quindi Gianni. - La prossima volta che vieni a lezione da lei, telefonami, - continuò, porgendo al ragazzino un bigliettino con il suo numero, - e ti dirò cosa potrai fare con questa vacca. Se Roberta cercasse di smettere di darti ripetizioni, o si rifiutasse di fare qualcosa di quanto hai concordato con me, è sufficiente che mi avverti, penserò io a farla rigare dritto.

- D'accordo, - disse Davide. Guardò la ragazza seminuda, e disse: - alla prossima, vacca. - Quindi, riprese la sua roba. Gianni slegò le mani di Roberta e le ordinò di accompagnare Davide alla porta, senza rivestirsi. La ragazza obbedì. Gianni li seguì alla porta.

- Ora, Roberta, apri la porta. Non ti nascondere. Voglio che i tuoi vicini possano vederti nuda, con le tette legate, e con la faccia piena di sborra, nel caso stiano guardando dallo spioncino.

Roberta, tremando, aprì la porta. Davide si recò all'ascensore, e lo chiamò. Roberta, che era ovviamente sulle spine, fece per rientrare in casa, ma Gianni la fermò, prendendola per la gruccia, e quindi per i capezzoli. - Aspetta che sia andato.

Roberta dovette attendere che arrivasse l'ascensore. Temeva che il suo vicino di casa di fronte, che aveva un debole per lei, avesse l'abitudine di stare a guardare dallo spioncino quando sentiva del movimento sul pianerottolo. Nuda, legata, imbarazzata, sperò che nessuno la stesse vedendo. Finalmente, arrivò l'ascensore. Gianni salutò Davide ad alta voce e, tirando con forza sui capezzoli di Roberta, la costrinse a fare lo stesso. Quindi, le concesse di chiudere la porta e rientrare in casa.

mercoledì 8 settembre 2010

Roberta ricattata p.7 - Roberta torturata

Una settimana dopo l'incontro con Franco, Roberta stava recandosi nuovamente da Romano, vestita, come sempre, in modo abbastanza provocante. Portava una gonna al ginocchio e un top aderente, entrambi color crema, autoreggenti color carne, e tacchi alti. Non indossava intimo e, come sempre, riceveva molti sguardi dagli uomini che incontrava per strada. L'imbarazzo era aumentato da qualcosa che solo Roberta sapeva: Romano le aveva ordinato di applicarsi uno strato di rossetto su capezzoli e grandi labbra. Il colore rosso vivo dei capezzoli li rendeva ancora più chiaramente visibili attraverso il sottile tessuto del top.

Quel giorno, una caduta di tensione provocò un blocco totale della metropolitana. Roberta si trovò costretta a usufruire dei mezzi di superficie, e arrivò all'appartamento di Lorenzo con mezz'ora di ritardo. Quando Romano si presentò alla porta, e fece entrare Roberta, la ragazza cercò subito di scusarsi, iniziando a spiegare ciò che era accaduto. Romano chiuse la porta e la colpì con un violento ceffone.

- Non mi interessano le tue stupide scuse, - le disse, severamente. La guardò con calma. - Sei molto in ritardo, e sai quanto me che questo genere di cose deve essere punito, e punito severamente.

La spinse contro la parete, facendola stare in piedi rivolta alla parete stessa. La ragazza si appoggiò al muro con le mani, e Romano iniziò a palparle e schiaffeggiarle seni e natiche attraverso i vestiti. - Immagino che tu abbia preso dei mezzi molto affollati,
quando sei uscita dal metrò.

- Si... signore - mormorò lei, gemendo per ciascuno dei colpi che Romano infliggeva alle sue natiche e ai suoi seni.

- E sono certo che ti piaceva sentire tutti quegli uomini che si arrapavano vedendo una simile vacca sull'autobus. Scommetto che ti si strusciavano sulle poppe, sul culo e sulla fica. E che ti piaceva. Vero?

- N... no... - disse lei debolmente, ma Romano la colpì con un nuovo ceffone in pieno volto.

- Non raccontarmi stronzate, - le disse. - Ti piaceva?

Roberta singhiozzò. - Si... signore... mi piaceva...

Romano sorrise. - Certo. Ora sarai punita per essere la grossa vacca arrapante che sei. Le tue poppe, il tuo culo e la tua fica verranno puniti. - Fece girare Roberta verso di se, e portò le mani ai seni di lei, strizzandoli attraverso la maglietta. - Comincerò dalle tue poppe. - Lentamente, prese a slacciarle i bottoncini del top. - C'è bisogno che ti leghi, o farai la brava e accetterai tutto quello che ho intenzione di fare a queste grosse, oscene mammelle?

Roberta rabbrividì, sentendo le mani dell'uomo sfiorarle i seni mentre lui la spogliava. - No, signore... - mormorò, - la prego, non mi leghi...

- Va bene, - disse Romano, aprendole la maglietta e scoprendo il seno della ragazza. Iniziò a palparlo con gusto. - Non ti legherò, ma solo finché farai la brava e accetterai la punizione che meriti.

- La prego... signore... - mormorò debolmente lei, - non mi faccia del male... io...

Lui sorrise, e le fece cenno di stare zitta. - Ti ho detto di non rompermi i coglioni con le tue stupide scuse. Se preferisci, posso iniziare dalla tua fica o dalle tue chiappe. Vuoi che inizi a
torturarti dalla fica? - Roberta esitò, con le lacrime agli occhi. - No, signore... - mormorò. Romano annuì. - Allora slacciati del tutto la maglietta, scopriti bene le poppe, e metti le mani dietro la
schiena, schiava, - le ordinò.

- Sì, signore, - disse Roberta, slacciandosi gli ultimi bottoni, e tirandosi fuori i seni dalla maglietta. Romano la guardò, verificando che si fosse dipinta i capezzoli di rossetto. - Il fatto che tu sia stata una brava vacca e ti sia dipinta capezzoli e fica non ti servirà a evitare la tua giusta punizione.

Romano aprì un cassetto, e ne trasse due robusti elastici. Passò uno degli elastici attorno a una mammella di Roberta; la ragazza gemette e rabbrividì. Romano sistemò l'elastico in modo che strizzasse bene la carne della schiava, e lo lasciò. Quindi, passò l'altro elastico attorno all'altra mammella di Roberta. - Ti fanno male? - le disse, palpandola. I seni carnosi di Roberta apparivano ancora più grossi, compressi alla base dagli elastici.

- Sì, signore... - mormorò Roberta. - mi fanno male...

Romano sorrise, baciandola. - E lo sai che me lo fai diventare tanto tanto duro quanto ti faccio soffrire le poppe, vero? - le sussurrò. Roberta arrossì. - Si... signore... - mormorò. Romano sorrise ancora, colpendole le mammelle con forti pacche, prima la sinistra e poi la destra. La ragazza gemette per quelle improvvise scossa di dolore. - Sei una popputa puttana, tesoro? - disse Romano. - Dimmelo.

- Sì, signore, - mormorò Roberta, suo malgrado - io... sono... una popputa puttana, signore.

Romano la guardò con un ghigno crudele, aprendo un cassetto di una credenza e prendendone una manciata di mollette di metallo. Erano mollette di tipo "alligatore", dentate. Romano iniziò ad accarezzare i capezzoli di Roberta lentamente, delicatamente, fissando la ragazza negli occhi. - Fammeli sentire belli duri, - le sussurrò, - sarà molto più eccitante punirli... ti faranno più male.

Roberta aveva gli occhi bagnati di pianto, ma non osava più implorare. Si rese conto che i suoi capezzoli si stavano in effetti indurendo. Romano attese che fossero del tutto eretti, quindi applicò la prima molletta. Roberta si morse le labbra, trattenendo a stento un gemito di dolore. Le mollette erano molto forti; Roberta sentì i loro denti metallici che affondavano nella sua carne tenera. Romano applicò la seconda molletta con crudele calma. Quindi, dispose altre quattro mollette attorno ai capezzoli, due per mammella.

- Dimmi che ti piace che le tue grasse poppe siano trattate così, - le ordinò Romano, baciandola ancora, - e intanto, toccami.

Roberta spostò una mano da dietro la schiena, iniziando a massaggiare il membro di Romano mentre, obbediente, sussurrava: - mi piace che le mie grasse poppe siano trattate così...

Romano sorrise, massaggiando i seni di Roberta. - Anche a me piace torturare le tue grasse poppe, - sussurrò, - vederle arrossate e gonfie, e sentirti gemere di dolore - Prese la ragazza per i
capelli e la spinse verso il tavolo al centro della stanza. Sul tavolo, Romano aveva preparato un pesante righello di legno; inoltre, aveva sistemato uno sgabellino a lato del tavolo stesso.

- Inginocchiati sullo sgabello e appoggia le tette sul tavolo, - le ordinò. Roberta obbedì, inginocchiandosi obbediente, i seni nudi sulla fredda superficie del tavolo di cristallo. - Mani dietro la schiena, - le ordinò lui nuovamente. La ragazza unì le mani dietro di sé, tremando. - La... prego... - mormorò, guardando spaventata il righello.

Romano prese l'oggetto, e guardò la fanciulla indifesa. Senza dir nulla, prese fra le dita la molletta agganciata al capezzolo destro di Roberta e la tirò, per stendere il seno della ragazza. Quindi,
colpì Roberta sulla carne con il pesante righello. Roberta ebbe un intenso gemito di dolore, spezzato da un secondo, crudele colpo sul suo seno. Romano la colpì cinque volte, quindi lasciò la molletta e ripeté l'operazione con il seno sinistro della ragazza. Il righello strappava a Roberta lacrime e gemiti di dolore, e le lasciava strisce rosse sulla pelle nuda.

Quindi, l'uomo si slacciò i pantaloni. - Prendimelo in mano e massaggiamelo mentre ti do la seconda razione, puttana. - Roberta allungò una mano timorosa, infilandola nella patta di Romano
e prendendo il suo membro in mano. Iniziò a massaggiarlo suo malgrado mentre Romano afferrava, questa volta, entrambe le mollette. Mentre la mano di Roberta gli dava piacere, iniziò a colpire entrambi i seni della ragazza con il righello. Si chinò verso la ragazza e la baciò, costringendola ad aprire la bocca. Roberta, obbediente, succhiò e leccò la lingua dell'uomo fra i gemiti che il righello le strappava colpendo la sua morbida carne nuda. Mentre la colpiva, Romano tirava le mollette, tormentando i capezzoli di Roberta.

Quando Romano ebbe sfogato i suoi sadici istinti sui seni della ragazza, si chinò, e le sollevò la gonna, scoprendo le natiche nude di Roberta. - Aprila bene, - le ordinò. Lei cerco' di compiacerlo,
divaricando le cosce e lasciando che lui la toccasse le introducesse due dita dentro. Mentre la penetrava con le dita, Romano leccò il volto di Roberta. - Adesso e' il momento di punire le tue grasse chiappe da scrofa, - le disse. - Spingile bene in fuori.

Roberta chinò il busto in avanti, sporgendo le natiche nude verso il suo tormentatore. Romano le accarezzò con calma, quindi prese altre quattro mollette. Pizzicò la carne di Roberta e appese le mollette, due su ogni natica. Quindi, prese nuovamente il righello. - Ora conta ad alta voce, - le ordinò, mostrandole il righello. - La supplico... - gemette Roberta, invano. Romano si piazzò dietro di lei e le inflisse un primo violento colpo. Roberta lanciò un gemito di dolore. - U... uno... - mormorò poi. - La prego... non merito questo... -

- Meriti questo e molto di più, puttana, non siamo che all'inizio.

Un nuovo colpo. - Due... - gemette flebilmente lei. Ancora... più forte. Quando Roberta arrivò a contare "dieci", le sue natiche erano arrossate e segnate dai colpi, e la ragazza piangeva. Romano non era ancora soddisfatto. - Apri le chiappe, - le disse. Roberta, tremando, si prese le natiche e le aprì. Fra i singhiozzi, tentatava ancora di implorare Romano. L'uomo sorrise e le accarezzò l'ano con uno spigolo del righello. Quindi, inflisse tre colpi di righello direttamente sul delicato, intimo buco della sua vittima. - Oggi penso che mi farò anche questo buco, cagna. Il tuo fidanzato ti incula, troia?

- N... no - mormorò lei. - Non lo ha mai fatto... padrone.

Romano sorrise e diede due ultimi violenti colpi sull'ano della ragazza, quindi ripose il righello e si mise a palparle e pizzicarle le natiche doloranti. Roberta, desiderosa di compiacerlo per evitare ulteriori punizioni, chiuse gli occhi per l'umiliazione e prese a ruotare lievemente il bacino per consentire a Romano di palparla meglio. - La prego... padrone... - mormorò, - sarò buona... non farò altri errori... la prego... smetta di punirmi... -

Romano sorrise del tentativo di Roberta. - Allarga le cosce, puttanona.

Roberta divaricò le cosce. Romano le palpò, lasciando scivolare la mano sull'orlo delle autoreggenti, facendola risalire, infilandola fra le gambe della fanciulla per palparle la vagina. Iniziò ad accarezzarle il clitoride. - Ora voglio sentirti bagnare come una vacca, - le disse. Roberta arrossì. Non sapeva come fare per compiacerlo. Cercò di concentrarsi sul piacere che le mani dell'uomo le davano, ma il dolore ai seni e alle natiche era ancora troppo cocente. - La prego... - mormorò, - non posso...

- Certo che puoi, vacca, - le disse lui, - le puttane come te si bagnano molto facilmente. Pensa al grosso cazzo che prenderai in culo fra non molto...

Roberta singhiozzò e cercò di sottostare ai desideri di Romano. Lui la stava penetrando con l'indice e il medio, mentre il pollice le strofinava il clitoride. Gradualmente, sentì il piacere crescere. - Così va bene, - disse Romano, sentendo che le sue dita scivolavano più facilmente dentro la ragazza. - Voglio che la tua fica sia ben bagnata prima di cominciare a punirla.

Roberta non sapeva più come implorarlo di non proseguire quelle terribili torture. La sua vagina si stava effettivamente bagnando, mentre la ragazza ancora ruotava le anche per incontrare i movimenti delle dita del suo aguzzino. Finalmente, Romano ritenne che Roberta fosse abbastanza bagnata. Le si avvicinò all'orecchio, glielo leccò, e poi le sussurrò: - ora chiedimi di punire la tua fica.

Roberta esitò, piangendo. Non aveva scelta. - La prego... - mormorò. Si fece coraggio. - La prego... punisca la mia fica...

L'uomo sorrise e disse a Roberta di salire in ginocchio sul tavolo, e di mettersi a quattro zampe. Lei non poté che obbedire. Romano le si avvicinò da dietro. La vagina di Roberta, esposta e con le
grandi labbra colorate di rossetto, era uno spettacolo davvero volgare, ed eccitante. - Che bella ficona sugosa, - le disse, chinandosi in avanti e leccandola lentamente. Roberta rabbrividì sentendo la lingua di Romano sul suo sesso. - Sarà un vero piacere farla soffrire, - continuò Romano, spingendo con la lingua fra le grandi labbra umide della ragazza.

Si scostò nuovamente, e prese un'altra manciata di otto mollette. Diversamente dalle altre, queste mollette erano state preparate a coppie, due mollette unite da un forte, corto elastico. Romano prese le grandi labbra di Roberta fra il pollice e l'indice, tirandole brutalmente, e applicandovi una molletta di ciascun paio. Roberta lanciò un gemito, mordendosi le labbra per sopportare il dolore. Romano quindi applicò un'altra molletta a ciascun labbro della vagina
di Roberta. Dal sesso della ragazza ora pendevano quattro elastici, ciascuno con una molletta ancora inutilizzata all'estremità. Con calma crudele, Romano applicò tali mollette ai bordi delle
autoreggenti di Roberta, una per una. Gli elastici erano sufficientemente corti e forti da tirare con decisione le grandi labbra di Roberta verso l'esterno. Quando tutte le mollette furono sistemate, Romano colpì la fanciulla con una violenta pacca sulle natiche nude, e poi le infilò bruscamente due dita nella vagina, spingendo in fondo. - Ti piace, vero, puttana?

- Si, padrone... - mormorò lei, con le lacrime che le rigavano le guance.

- Spalanca le cosce, adesso, - disse.

Roberta obbedì, allargando le gambe. Le mollette tiravano crudelmente le grandi labbra, e ancora una volta dovette mordersi le labbra per trattenere un lamento. Romano si avvicinò per osservare quello spettacolo sensuale. Il clitoride di Roberta era completamente scoperto, e lui lo leccò con calma, facendola rabbrividire.

- Ti sto facendo molto male alla fica, vero? - le chiese, stuzzicandola mentre la leccava.

- Si... signore, - pianse lei.

Romano sorrise e diede tre violenti pacche sul sesso aperto della ragazza, facendola sussultare per l'improvviso dolore. Quindi, prese nuovamente il righello. Prima di colpirla, si spostò accanto al volto della fanciulla, mostrandole l'oggetto. - Ora questo punirà la tua grassa ficona, puttana, - le disse. - Leccalo per dimostrarmi la tua gratitudine per il dolore che sto per infliggerti. Leccalo con amore troia, meglio di come lecchi il cazzo al tuo fidanzato.

Porse l'oggetto a Roberta, che, suo malgrado, dischiuse le labbra e iniziò a leccarlo dolcemente. L'idea di leccare l'oggetto che stava per essere usato crudelmente sulla sua vagina la faceva sentire completamente impotente e sottomessa. Romano osservò quel dolce servizio per un po', poi ritrasse il righello e tornò dietro alla ragazza. - Conta, - le disse. Quindi, inflisse un primo, secco colpo col righello, di piatto, sulla vagina aperta della fanciulla. Roberta questa volta non riuscì a trattenere un grido di dolore. - Uno... - contò poi. - Fa troppo... male... - piagnucolò, ma Romano inflisse il secondo colpo. - Due.... - contò ancora lei.

Romano arrivò a quattro, senza mai ridurre la violenza dei colpi. Roberta era vicina al limite della sua capacità di sopportare il dolore. Romano se ne rese conto e fece una pausa. - Sei solo tre buchi, due chiappe e due poppe, schiava, ricordatelo. Dillo, avanti, in modo che tu non possa dimenticarlo, - le intimò. Roberta ripeté quella frase umiliante: - sono solo... tre buchi, due... - Romano la colpì di nuovo, strappandole un nuovo gemito di dolore - due... chiappe... e due poppe, signore...

Romano la colpì ancora. - Spero che questa lezione ti sia sufficiente, - le disse poi, riponendo il righello. Girò attorno al tavolo, mettendosi di fronte a Roberta.

- Si... signore... - piagnucolò lei. - Farò tutto quello che mi dirà....

- Esatto. Mi aspetto che ora tu faccia tutto quello che ti chiedo, senza esitazioni né stupide lamentele. Se esiterai a fare ciò che ti viene ordinato, anche un solo secondo, ricominceremo da capo. E' ben chiaro?

Roberta si asciugò le lacrime. - Si, signore, è chiaro, - disse.

- Molto bene. Scendi dal tavolo, e mettiti a quattro zampe per terra.

Roberta scese subito dal tavolo. Si inginocchiò nuovamente, mettendosi carponi. Vide che Romano prendeva un nuovo oggetto dalla credenza; era un collare per cani, di cuoio nero borchiato, col guinzaglio. L'uomo le si avvicinò e le sistemò il collare al collo. Roberta rabbrividì, temendo che l'uomo stringesse troppo, ma non osando fiatare. Romano chiuse la fibia del collare, e si diresse fuori dal salotto. Roberta lo seguiva carponi, come un cagnolino.

Romano andò in bagno. Quando furono dentro, chiuse la porta con calma, e poi si girò verso Roberta. - Ora, puttana, completeremo la tua punizione umiliandoti. Posso assicurarti che nessuno ti ha mai umiliato come sto per fare... ti farò qualcosa che ti aiuterà a capire chi sei e quanto vali. Ricordati, non tollererò disobbedienze. Non voglio neppure che tu parli. Annuisci se
sei sicura di aver capito bene.

Roberta annuì; la premessa di Romano l'aveva terrorizzata, e tremava visibilmente. Romano sogghignò e, oziosamente, strusciò il piede destro contro i seni penzoloni della ragazza. - Bene, - proseguì Romano. - Siediti sul cesso, a gambe larghe.

Roberta arrossì violentemente. Strisciò carponi fino al water. Si alzò, e vi si sedette come le era stato ordinato. Le mollette le aprivano, dolorosamente, le grandi labbra.

Romano la guardò con calma, accarezzandole il volto, i seni, le cosce e la vagina per un po' di tempo. Quando la sua mano fu sulla vagina di Roberta, le accarezzò il clitoride. - Ora, Roberta, io piscerò, e tu sarai il mio cesso, - le disse. - Voglio che tu mi guardi negli occhi finché non mi sarò svuotato. - A quelle parole, gli occhi della fanciulla si riempirono di nuove lacrime, ma non osò fiatare. Romano sorrise, soddisfatto, e si slacciò i pantaloni, tirandolo fuori. Si chinò per prenderle le caviglie e sollevarle, costringengola ad appoggiare la schiena contro l'asse sollevata del
water. Quindi, si piegò su di lei, infilando con facilita' il membro eretto nella vagina spalancata e accogliente della sua giovane vittima. Roberta sentì il membro di Romano che scivolava in
profondità dentro di lei.

Senza dir nulla, fissando gli occhioni umidi di Roberta, iniziò a orinare nella vagina della ragazza. Lei sentì il liquido caldo riempirle il sesso, e scivolare fuori, fra le sue natiche. Roberta non
aveva neppure mai pensato a una cosa del genere; era semplicemente oscena, orribile. Sentì l'odore acre dell'urina di Romano, ma non smise di guardarlo, tremando mentre lui le riempiva la vagina in quel modo disgustoso.

Dopo un po', il getto si interruppe, e Romano lo sfilò con calma. La guardò con un ghigno. - Non ho ancora finito, puttana, - le disse, avvicinando il bacino al volto di Roberta. Lei avrebbe desiderato
opporsi, implorare di non dover subire quella disgustosa atrocità, ma la paura di essere nuovamente punita era troppa. Docilmente, seppur piangendo, dischiuse le labbra e prese in bocca il membro di Romano. Lui ridacchiò e ricominciò a orinare. - Ingoia tutto, - le disse.
Roberta dovette concentrarsi per resistere all'impulso di rigettare. Con la disperazione nel cuore, mandò giù tutto quello che Romano le stava dando, piangendo in silenzio.

Quando fu soddisfatto, Romano sfilò il membro dalla bocca di Roberta. La ragazza tossì, continuando a piangere. Romano, eccitato, era ben lungi dall'essere soddisfatto. Con calma, si voltò, dando le spalle alla ragazza. - Leccami il culo, adesso, - le ordinò.

Roberta esitò, piu' per paura di non esserne in grado che per la volontà di opporsi. Si chinò in avanti, e introdusse la lingua fra le natiche dell'uomo, iniziando a leccargli l'ano. L'uomo le prese le
mani, e se le portò al membro. - Masturbami troia, e spingi dentro quella lingua.

Il sapore era disgustoso, ma Roberta ancora si sforzò di non rigettare. Mentre iniziava a masturbarlo con due mani, lentamente, spinse la lingua nell'ano del suo aguzzino, leccandolo più dolcemente che poteva. Sentendo la calda lingua di Roberta nel proprio sfintere, l'uomo gemette di piacere mentre il suo membro si induriva fra le mani della fanciulla. Quando fu vicino al culmine del piacere, si ritrasse e si voltò ancora verso Roberta.

- Ora mettiti accucciata sull'asse del cesso, dandomi le spalle, vacca. E' venuto il momento di fotterti in culo.

Roberta singhiozzò e si mise nella posizione richiesta. Accucciata, con le ginocchia divaricate, il dolore che le era causato dalle mollette agganciate alle grandi labbra era decuplicato. L'uomo le si
avvicinò, e appoggiò il membro ormai durissimo all'ano delicato della ragazza. Prese Roberta per i seni, stringendoli con forza, e spinse violentemente, penetrandola senza alcun lubrificante. Roberta si lasciò andare a un gemito acuto di dolore. - Muovi il culo, vacca, - disse Romano, - prendi tutto il mio cazzo, se non vuoi essere frustata. -

Roberta obbedì, tentando di compiacere l'uomo, nonostante il dolore che quella posizione e quell'atto le provocavano. Romano continuò a pompare nell'ano della ragazza, selvaggiamente, per diversi minuti. Infine, Roberta sentì che Romano godeva dentro di lei. Gli schizzi del suo sperma sembrarono riempirle il retto. Romano diede ancora alcune spinte, e lo sfilò brutalmente. Roberta rimase immobile. Sentiva l'urina e il seme di Romano che le colavano dalla vagina e
dall'ano.

- Seduta come prima, - le disse.

Roberta tornò a sedersi sull'asse, rivolta a Romano. - Tira fuori la lingua.

La ragazza obbedì. Romano appoggiò il membro sulla lingua di Roberta, e la prese con le dita, strofinandosela sul pene per ripulirlo. Quando fu soddisfatto, lo rimise dentro e riallacciò i
pantaloni.

- Metti le mani lì sotto, - le ordino' quindi, indicando la vagina e l'ano di Roberta, - e spalmati sulle tette tutto quello che riesci a raccogliere.

Roberta, arrossendo, portò le mani al suo basso ventre. Gocce di sperma e urina stavano ancora colando dai suoi buchi. Spalmò quei liquidi disgustosi sui propri seni. Sentiva l'odore detestabile di
entrambi addosso. Quando i liquidi ebbero smesso completamente di colare, Romano la fece rivestire, senza permetterle di togliere gli elastici o le mollette. Le mollette agganciate ai seni erano chiaramente visibili sotto la maglietta. Romano le fece tenere anche il collare, anche se sganciò il guinzaglio.

Quindi, disse a Roberta che l'avrebbe accompagnata fino al metrò. La ragazza si rese conto che in tal modo non avrebbe potuto liberarsi di quegli umilianti e dolorosi orpelli, ma ancora una volta non ebbe il coraggio di replicare. Romano la accompagnò fino alla banchina del metrò, e la costrinse a salire su una carrozza in cui tutti i posti a sedere erano occupati. Quindi, la salutò, tornando a casa mentre Roberta affrontava il viaggio più umiliante da quando tutto era
cominciato.

martedì 7 settembre 2010

Roberta ricattata p.6 - Romano invita un ospite

Al terzo giorno d'assenza di Lorenzo, Roberta si recò ancora da Romano. Per compiacere il suo ricattatore, aveva dovuto indossare una maglietta bianca di cotone sottile, aderente, senza reggiseno. La maglietta era chiusa da bottoncini dal collo fino in vita. Sotto, le era stata concessa un gonna al ginocchio, ma questa volta aveva dovuto abbinarla a un paio di autoreggenti nere e scarpe con i tacchi.

Il viaggio in metropolitana era stato un'incubo. Non aveva trovato posti a sedere, e aveva dovuto reggersi ai sostegni del metrò. Un gruppo di ragazzini aveva iniziato a parlottare e ridacchiare, accennando esplicitamente ai suoi grossi seni e ai capezzoli che si intravedevano chiaramente sotto il cotone. I commenti dei ragazzi avevano attratto l'attenzione di altri uomini su di lei. Roberta si era sentita come un animale in mostra a una fiera. Qualcuno, non era certa chi, aveva più volte pronunciato la parola "latte", evidentemente riferendosi al suo generoso seno.

Quando la porta si aprì, Romano la osservò con un sorriso e le fece cenno di entrare e dirigersi in salotto. La ragazza entrò timidamente in casa mentre l'uomo chiudeva la porta e la seguiva. Giunta in salotto, Roberta vide, seduto sul divano, un altro uomo, che lei non aveva mai visto.

- Questo è il mio amico Franco, - disse Romano, - e questa, Franco, è la vacca di cui ti ho parlato. -

L'ospite sorseggiava un bicchiere di whisky. Era un uomo di media statura, ma molto corpulento e massiccio. I suoi occhi, sottili e viziosi, osservarono la ragazza lentamente, scorrendola da capo a
piedi. - Una gran bella vacca, - commentò. Romano diede una pacca sulle natiche di Roberta per esortarla a rispondere al commento. Lei arrossì, abbassando lo sguardo. - Grazie, signore, - mormorò.

- Come immaginerai, puttana, - disse quindi Romano, - ci intratterrai entrambi nei modi che noi stabiliremo. È chiaro? - - Sì, signore, - mormorò Roberta. Romano si sedette sul divano, e fece cenno a Roberta di sedersi fra loro due. Quando lei ebbe obbedito, l'uomo prese un oggetto da un tavolino. Era un grosso cetriolo.

- Oggi prenderai questo nella fica, schiava, - disse Romano a Roberta. - Avevo pensato a un vibratore, ma penso che un volgare cetriolo sia più adatto a una puttana come te. Inoltre, non è facile trovare vibratori di queste dimensioni. E sappiamo bene tutti e due che la tua fica ha bisogno di prendere cose grosse e lunghe.

Roberta arrossì violentemente. - Si... signore... grazie... - mormorò debolmente, chinando lo sguardo.

- Prima, però, - continuò Romano, - dovrai mostrarci come usi la bocca.

Le avvicinò l'ortaggio alle labbra. Roberta alzò gli occhi al suo ricattatore, attendendo un ordine esplicito. Al cenno dell'uomo, dischiuse le labbra, lasciando che lui lasciasse scivolare il cetriolo
nella sua bocca. Richiuse le labbra attorno all'oggetto.

- Voglio che lo lecchi e lo succhi come se fosse il cazzo del tuo padrone, schiava, - disse Romano, - e se non sarò soddisfatto ti frusteremo. Io mi occuperò del tuo culo e della tua fica e Franco
delle tue tette. -

Roberta, suo malgrado, chiuse gli occhi e iniziò a lasciar scivolare le labbra lungo il vetegale, succhiandolo. Per compiacere i due uomini, prese a leccarlo, dischiudendo le labbra in modo che potessero vedere la sua lingua che ne accarezzava la superficie bozzuta. I due uomini sembrarono gradire lo spettacolo e iniziarono a palparle i seni, massaggiando e stringendo la carne di Roberta in lenti movimenti circolari mentre lei continuava a succhiare. Romano, mentre la palpava, cominciò a manovrare il cetriolo, spingendolo in profondità e ritraendolo.

Franco iniziò a slacciarle la maglietta. Quando tutti i bottoncini dal collo all'ombelico furono slacciati, i due le scostarono la maglietta per scoprirle i grossi seni.

- Molto bene, - disse quindi Romano, sfilando lentamente il cetriolo dalla bocca della ragazza. - Ora che è bagnato di saliva, sarà più facile infilartelo su per la fica, - le disse. - Lo vuoi in fica,
vero, puttana?

- Si... signore, - mormorò lei.

- Alzati e togliti le mutandine allora. Scopri la tua fica da puttana e noi ci infileremo tutto questo grosso e lungo cetriolo. Obbedisci.

Roberta si alzò tremando. In piedi di fronte agli uomini, si sollevò lentamente la gonna fino ai fianchi, e si sfilò le mutandine di pizzo bianco. Romano sorrise e la fece girare su se stessa, in modo che Franco potesse vedere tutto ciò che c'era da vedere. Quindi, la fece
sedere di nuovo fra di loro.

Romano porse il cetriolo a Franco. L'uomo sorrise, accettando il tacito invito a umiliare personalmente Roberta. Romano schiaffeggiò i grossi seni nudi della studentessa. - Ora, schiava, spalanca le gambe. - Roberta divaricò le cosce, ma un nuovo schiaffo sui seni le fece capire che non bastava. Le aprì di più. La sua vagina era aperta e ben visibile ai due uomini, pronta per la violenza che le avevano preparato, nuda ed esposta come i suoi seni.

Franco allungò la mano, palpando con calma la vagina di Roberta. - Hai una bella fica, puttana, - le disse. Appoggiò l'ortaggio alla fessura di Roberta, spingendolo lentamente contro le grandi labbra. - Accarezza il cazzo di Franco mentre lui si diverte con la tua fica, puttana, - ordinò Romano. Roberta arrossì. Allungò la mano mentre lui le strusciava lentamente il cetriolo lungo la vagina, e iniziò a toccarlo attraverso i pantaloni. Mentre la stimolava con il grosso vegetale, Franco prese la ragazza per i capelli, costringedola a volgere il viso verso di lui, e si avvicinò per baciarla.

- Dammi la lingua, vacca, e massaggiami meglio, - le ordinò. Roberta obbedì, dischiudendo le labbra per lasciare che l'ospite godesse della sua bocca e della sua lingua, e intanto prendendo il suo membro più saldamente in mano, sebbene ancora attraverso i calzoni.

Romano le prese l'altra mano e si fece masturbare a sua volta. Entrambi gli uomini si slacciarono i calzoni, e Roberta ebbe presto i loro membri nudi, eretti, nelle mani. Franco la baciava e le strusciava il cetriolo sulla vagina, spingendo sul clitoride, sulle grandi labbra, e anche fra le cosce nude in direzione dell'ano di Roberta. Romano si lasciava masturbare e prese a leccarle i grossi seni con lunghe, lente leccate che lasciavano tracce di saliva sulla pelle giovane della fanciulla.

- Ora, - le sussurrò infine Franco, smettendo di baciarla, e iniziando a leccarle il viso, - dì che lo vuoi lungo e duro nella fica.

Roberta esitò. - Io... lo voglio... - mormorò, - lo voglio lungo e duro nella fica... signore, - mormorò, bruciando di vergogna.

L'ospite sorrise, iniziando a spingere l'ortaggio, lasciandone scivolare la punta fra le soffici labbra della vagina della ragazza. Roberta gemette, ma Franco le diede uno strattone ai capelli. - Non
devi mai chiudere la bocca, - le disse, - voglio la tua lingua, qualunque cosa decida di fare della tua sporca fica. E' chiaro?

- Sì signore... chiaro... - mormorò la fanciulla. I due uomini le palpavano ancora i seni, e quelle manipolazioni, i loro membri duri nelle mani, e il cetriolo che lentamente la prendeva la stavano suo malgrado stimolando. I capezzoli le si stavano indurendo, e Romano si divertì a tirarli, stropicciarli e pizzicarli.

- Ora vuoi che te lo infili più a fondo, vero? - le chiese Franco. - Sì... - mormorò suo malgrado Roberta, con le lacrime agli occhi. - Sì cosa, troia? - insistette lui. - Voglio... che lei... lo infili... più
a fondo... - mormorò Roberta.

Franco infilò la mano libera sotto il culo di Roberta, e spinse il vegetale con decisione dentro di lei, trattenendola per le natiche, in modo che non potesse ritrarsi, e fosse costretta a prenderlo in tutta la sua lunghezza. Roberta gemette di dolore; lui lo affondò in profondità.

Romano, osservando la violenza della penetrazione subita dalla schiava, si stava eccitando sempre di più. Prese la mano di Roberta costringendola a masturbarlo con più vigore. Franco iniziò a fottere Roberta con il cetriolo con la stessa violenza con cui l'aveva penetrata. - No... - iniziò a piangere la ragazza, - non... così... - Tentò di trattenere la mano dell'uomo, ma Franco le afferrò il polso. - Ferma, troia, - disse Romano, afferrandole le mani e immobilizzandogliele sopra le spalle, contro il divano. Franco continuò a fotterla trattenendola per le natiche; entrambi gli uomini, contemporaneamente, si chinarono e iniziarono a leccarle e succhiarle i grossi seni nudi.

- Dì che ti piace, maialina, - disse Romano, - dì che ti piace essere fottuta come una scrofa... - Roberta scoppiò in lacrime, chinando il capo. - No... - gemette, ma l'uomo, trattenendole entrambi i polsi con la mano sinistra, le colpì con un ceffone la mammella. - Sbattila più forte, Franco, sbatti questa scrofa disobbediente. - Franco raddoppiò la violenza delle penetrazioni, spingendo tutto il lungo vegetale nel corpo di Roberta. Roberta iniziò a piangere e singhiozzare
disperatamente. - Ripeti ciò che ti ho detto, - insistette Romano, schiaffeggiandole ripetutamente la mammella.

- Sì, signore... - mormorò Roberta, piangendo, - mi piace... essere fottuta... - Romano la colpì di nuovo sui seni. - Sbrigati, puttana, - le disse. - ... fottuta come una scrofa... - pianse Roberta. Franco sorrise, e diede qualche spinta ancora più violenta nella vagina di Roberta. Quindi, rallentò la frequenza delle penetrazioni. Lo iniziò a sfilare lentamente dalla fessura. - Leccalo adesso, - le disse; - lecca i tuoi succhi. - Avvicinò il cetriolo alla bocca di Roberta. La ragazza, col volto bagnato di lacrime, lo accolse fra le labbra. - Senti il sapore della tua sporca fica, - le disse Franco, mentre lei lo prendeva obbediente in bocca.

I due uomini iniziarono a palpare le cosce e la fica di Roberta mentre lei lo succhiava. Franco introdusse due dita nella vagina nuda della studentessa. Romano sorrise, e lo imitò.

Spinsero le dita in profondità. Roberta gemette, mentre Franco le sfilava il cetriolo di bocca e, appoggiatolo, infilava due dita della mano destra, con qualche sforzo, nella fessura della schiava.

- E adesso, schiava, - disse Romano, quando si furono divertiti abbastanza, rivolgendosi alla ragazza, che aveva sei dita infilate nella fica, - è ora che tu faccia un lavoretto ai nostri cazzi. Ci
masturberai e ti lascerai sborrare in faccia, - le disse Romano. - Mettiti in ginocchio. -

Le sfilarono le dita dalla vagina e lasciarono che obbedisse, scendendo dal divano e mettendosi in ginocchio di fronte ai due uomini. Roberta riprese i loro membri in mano e iniziò a masturbarli
contemporaneamente. Romano le prese il capo costringendola a usare la bocca.

- Usa la mano sinistra per massaggiarti le poppe, - le ordinò. Roberta portò la mano al proprio seno, e iniziò a toccarsi. - Toccati come ti toccherei io, - le disse Romano, - strizza quelle tue grasse poppe. - Roberta, suo malgrado, dovette stringere nelle mani i propri seni, uno dopo l'altro, mentre la sua bocca si riempiva del membro di Romano, strizzandoli con forza. Romano le teneva la testa per scoparle la bocca più a fondo; Franco, intanto, la palpava dappertutto. Romano la colpì con una nuova sberla sui seni... - Alterna, vacca, ci sono due cazzi da servire.

Roberta mormorò ancora - sì, signore, - e iniziò a succhiare anche il membro di Franco, alternando fra i due. Gli uomini si strinsero attorno a lei in modo tale che quando lei stava succhiando Franco Romano potesse strusciarle il membro sul viso, e viceversa. Ben presto, il trattamento che stavano ricevendo da quella bella studentessa nuda e inginocchiata portò i due uomini vicini al piacere.

Il primo a venire fu Romano, che estrasse il membro dalla bocca di Roberta per schizzarle abbondantemente sul viso, sugli occhiali, sui capelli e sul collo. Roberta continuò a masturbarlo e succhiarlo per alcuni secondi, quindi si volse verso Franco, prendendoglielo nuovamente in bocca. L'uomo le bloccò il capo con le mani e iniziò a spingere nella bocca della ragazza finché anche lui non raggiunse l'orgasmo. Come Romano, anche Franco lo sfilò per schizzare il suo seme sul volto della fanciulla. Nuovo sperma le insozzò le guance, la bocca e le lenti, colando lungo il mento e sgiocciolandole sui seni.

- Pulisciti, - le disse Romano. Roberta obbedì, raccogliendo il seme dei due uomini con le mani. - Mangialo, - le disse Romano. - Senti il gusto dello sperma di due uomini. Metti in bocca e mangia. - Roberta, tremando, eseguì anche quell'ordine, leccando e ingoiando lo sperma mescolato alle sue lacrime.

- Molto bene, - disse Romano, quando Roberta si fu sufficientemente ripulita. - Ora che la troia si è sfamata con il nostro sperma, è venuto il momento di usare la sua sporca fica. Portiamola in camera da letto.

Roberta fece per alzarsi, ma Romano la fermò con un ceffone. - Tu ci segui a quattro zampe, cagna, - disse.

I due uomini si diressero nell'altra stanza. Romano conduceva, tenendo Roberta per i capelli. Franco stava dietro di lei e la colpiva con leggere pacche sulle natiche nude. Portava con sé il cetriolo. Quando furono in camera da letto, Romano si volse alla ragazza.

- Ora togliti tutti i vestiti, Roberta, - le disse. Roberta, chinando il capo, si sfilò la maglietta già sbottonata, le scarpe, e la gonna. Romano aprì il cassetto del comodino e ne trasse alcuni capi di corda. - Mettiti sdraiata, - le ordinò, - e porgimi i polsi.

Roberta obbedì, straiandosi supina sul letto. Romano le afferrò i polsi e li legò stretti con la corda, che fissò poi alla spalliera del letto. - Ora solleva le ginocchia, - le disse, accarezzandole la
vagina. Roberta sollevò le ginocchia, e Romano le unì le caviglie con una seconda corda, legandole insieme. Quindi, fissò l'estremità della corda alla spalliera del letto, sotto il nodo della prima corda. Legata in quel modo, Roberta offriva la sua vagina nuda nel modo più osceno. Franco e Romano passarono qualche minuto a toccarla, fotterla con le dita, schiaffeggiarla, pizzicarle le grandi labbra e il clitoride. La povera fanciulla gemeva e si contorceva, indifesa.

I due uomini si sedettero accanto a lei sul letto. - Hai voglia di prendere i nostri cazzi nella fica, vero? - le disse, accarezzandole il volto. Roberta mormorò - sì, signore, - rabbrividendo mentre
l'uomo le leccava le guance. - Soddisferemo presto le voglie della tua sporca fica, - le disse Romano, - ma prima dobbiamo sistemarti un po' meglio.

Prese dal cassetto il tubetto di crema che Roberta ormai conosceva, e una nuova corda. Porse la crema a Franco, che iniziò a spalmarla sul cetriolo. Intanto Romano iniziò a girare la corda attorno ai grossi seni della ragazza, legandoli assieme. Roberta non aveva mai subito nulla di simile, e iniziò a implorare che non le facessero del male. - Oh, no, - rispose Romano, - non ti farà male. Alle vacche piace essere legate in questo modo.

L'uomo strinse la corda gradualmente, strizzando i seni di Roberta. Quando furono sufficientemente stretti, fece un nodo alla corda. Legate insieme, le stupende poppe della ragazza sembravano ancora più voluminose. Intanto, Franco aveva terminato di preparare il cetriolo,
e fece un cenno a Romano, che allargò le natiche di Roberta. La ragazza riprese a implorare, ma invano. Franco spinse lentamente il grosso vegetale nell'ano della fanciulla, strappandole nuovi gemiti di dolore. L'ospite non mostrò particolare riguardo, spingendo dentro tre quarti del grosso cetriolo in un unico, brutale movimento.

Quando questi preparativi furono ultimati, Romano fece cenno a Franco di servirsi per primo. L'uomo, con un ghigno crudele, si spostò sopra la ragazza legata. La preparazione di Roberta l'aveva eccitato e il suo membro era già nuovamente pronto. Con calma, lo spinse tutto dentro nella vagina esposta della studentessa. Intanto, Romano si inginocchiò di fianco alla spalliera e costrinse Roberta a prenderglielo di nuovo in bocca.

Franco iniziò a pompare nel giovane sesso di Roberta. Il suo membro doveva essere ancora più grosso di quello di Romano; inoltre il cetriolo aveva rilassato la vagina della ragazza, e Roberta si sentì violata piu' in profondità di quanto non fosse mai successo prima. Il sapore acre dello sperma di Romano, e il dolore dei suoi seni legati stretti, si fondevano in un'unica sensazione di dolore e piacere. Franco continuò a fotterla con violenza finché non sentì di stare per venire. Quindi, lo sfilò, e prese a strusciarlo sulla fessura di Roberta, facendo cenno a Romano di prendere il suo posto. Mentre Romano si spostava verso il sesso della ragazza, Franco si avvicinò al volto di Roberta, schizzandole nuovamente in faccia.

Romano si posizionò sul corpo della studentessa e la prese con forza, piantando il proprio membro gonfio dentro di lei. Portando la mano dietro le natiche della fanciulla, raggiunse il cetriolo per poterlo maneggiare mentre la scopava. Iniziò a spingerlo dentro e fuori a tempo mentre la scopava animalescamente. Roberta gemeva... si trovò di nuovo il membro di Franco accanto alla bocca, di nuovo fu costretta a prenderlo mentre veniva montata da Romano.

Romano trattenne più volte l'orgasmo per scoparla più a lungo. Infine, venne anche lui, sfilandolo appena in tempo per schizzare il proprio seme sui seni legati della ragazza. Quindi, Romano e Franco afferrarono i seni di Roberta alla base, spingendoli verso la bocca di Roberta e costringendola a leccarne il seme di Romano.

Quando furono soddisfatti, i due uomini si rivestirono. Roberta implorò che la slegassero, ma i due non sembravano intenzionati a farlo. Al contrario, la bendarono e imbavagliarono, uscendo poi dalla stanza e lasciandola lì, legata in quel modo, pronta per essere
nuovamente usata.

Durante l'arco del pomeriggio, la porta si aprì diverse volte. Roberta non vedeva chi fosse a entrare. Veniva semplicemente scopata, in silenzio, e riceveva lo sperma del suo violentatore sul viso o sui seni. Questo si ripeté cinque o sei volte.

Infine la porta si aprì un'ultima volta e Romano slegò la ragazza, ordinandole di rivestirsi e sparire. Roberta si rivestì in fretta e si diresse verso casa, piangendo per tutto il tragitto - mentre nuovi uomini e ragazzini si divertivano a osservare i suoi seni attraverso la maglietta.